Abstract

n questo primo numero del 2024 vogliamo segnalarvi alcune importanti novità.

Come potete vedere, in questo così come nei prossimi numeri, non ci sarà più l’articolo di aggiornamento specificamente legato alla Formazione continua (FAD). È una scelta del nostro Direttivo che ha deciso di sviluppare la formazione a distanza attraverso la via telematica.

Una scelta che ci auguriamo possa aiutare la rivista a crescere ulteriormente e ad assumere sempre più la caratteristica di rivista scientifica internazionale, pur mantenendo forti legami con l’attività scientifica e formativa societaria, di cui rimane interprete e vetrina. Ne è simbolo il titolo della rivista e a questo proposito vi anticipiamo un’altra importante novità: dal prossimo numero la nostra rivista sarà titolata in inglese (come già compare anche nel nostro sito web), diventando così facilmente comprensibile – e speriamo attrattiva! – anche per i colleghi europei o comunque non di lingua italiana.

Dal prossimo numero tutti gli articoli pubblicati saranno in lingua inglese e contiamo sul vostro fattivo contributo in considerazione della qualità e vivacità della ricerca nel campo dell’immunoallergologia pediatrica italiana, portata avanti dai nostri soci, da voi tutti che ci leggete. Scommettiamo anche sull’attrattiva che grazie a voi, potrà progressivamente richiamare l’attenzione e la curiosità dei nostri Colleghi stranieri! 

Ma addentriamoci ora in questo primo numero della rivista: apre la Commissione Immunologia coordinata da Fabio Cardinale presentando un articolo di revisione sulla “Candidiasi mucocutanea cronica: quando sospettarla, come diagnosticarla e trattarla“. La candidiasi mucocutanea cronica (CMC) si pensava fosse un’immunodeficienza clinicamente ben caratterizzata e riferibile a un unico difetto immunologico. Le recenti acquisizioni genetiche e la conseguente miglior definizione degli errori congeniti dell’immunità ci ha mostrato invece che la CMC è sì una malattia sottesa da un difetto dell’immunità innata, ma i meccanismi molecolari responsabili sono eterogeni, pur conducendo a quadri clinici del tutto sovrapponibili. è un articolo prezioso e aggiornato che non solo ci arricchisce culturalmente, ma che ha anche ricadute fattive sulla nostra pratica quotidiana, proponendoci un percorso diagnostico e suggerendoci possibili trattamenti anche sintomatici. 

A seguire incontriamo il lavoro sull’allergia alla nocciola proposto da Arianna Giannetti e collaboratori, un articolo importante proprio in considerazione del grande consumo che se ne fa nel nostro territorio e della notevole frequenza – non solo in Italia, ma anche in tutta Europa – dell’allergia alla nocciola, che ne fa il frutto a guscio che con maggior frequenza induce sensibilizzazione allergica. Le nocciole sono ricche di nutrienti essenziali e benefici per la salute e sono presenti come ingrediente fondamentale e a volte non riconoscibile in molti alimenti per bambini, per cui non stupisce che rappresenti una delle più frequenti cause di anafilassi indotta da alimenti già nei primi anni di vita. Nei bambini più grandicelli e negli adolescenti l’allergia alla nocciola è frequentemente associata alla sensibilizzazione per i pollini di betulla. Gli autori ci illustrano in dettaglio le basi  molecolari dell’allergia e ci consentono un corretto inquadramento clinico, base per capire e condividere le indicazioni comportamentali da seguire, possibilmente sintetizzate in un piano terapeutico scritto che deve prevedere anche l’eventuale ricorso alla adrenalina.

La commissione per l’Allergia alimentare coordinata da Mauro Calvani ci propone un bell’articolo su: “Il ruolo degli Atopy Patch Test nel percorso diagnostico dei bambini affetti da allergia alimentare di tipo NON IgE-mediata con sintomi gastrointestinali”. Accanto alle forme cliniche classiche – l’enterocolite allergica (food protein-induced enterocolitis syndrome), la proctocolite allergica (protein-induced allergic proctocolitis), l’enteropatia allergica (food protein-induced enteropathy syndrome) e le forme eosinofile (eosinophilic gastrointestinal disorders) – sono state descritte altre forme cliniche con sintomi meno specifici, come ad esempio i disturbi della motilità gastrointestinale (food induced motility disorders).

Sappiamo bene come tutte queste forme di allergia alimentare non IgE-mediata costituiscano ancora un problema diagnostico in quanto tuttora non siamo riusciti a identificare un test di laboratorio certo che possa suggerire o supportare la diagnosi che a oggi viene validata solo dal test di provocazione alimentare, gold standard diagnostico. Nonostante questo, l’allergia non IgE-mediata costituisce la condizione in cui vengono praticati in maggior misura test non validati scientificamente, e questo è probabilmente da attribuire al fatto che le manifestazioni cliniche sono tardive – e con tempi diversi – rispetto alla introduzione di un alimento. 

Dal momento che gli atopy patch test sono un’indagine a lettura ritardata, si è pensato che la sensibilizzazione evidenziata con questo test potesse essere un’attendibile spia dell’eventuale sensibilizzazione alimentare, riconoscendo momenti patogenetici analoghi.

La revisione della letteratura portata avanti dagli autori dimostra che i patch test possono costituire effettivamente un aiuto nell’identificazione dell’allergene nei casi di sospetta allergia gastrointestinale non IgE-mediata (in particolare misura quando è in gioco il latte vaccino); tuttavia non possono sostituire il valore diagnostico del test di provocazione.

Concludiamo questo editoriale con un argomento apparentemente ipertrattato: la vitamina D. Effettivamente è molto discussa, ma non di rado se ne parla in modo semplicistico o non scientifico. La presenza diffusa del recettore della vitamina D in tutto il corpo ha fatto luce sulle sue molteplici attività su diversi sistemi oltre a quello osteoscheletrico. Cristiana Indolfi, e collaboratori, ci presentano un articolo dal titolo: “Allergie in età pediatrica: il ruolo della vitamina D”, in cui riassumono non solo i meccanismi di azione della vitamina, ma anche – e sulla base di robusti dati scientifici – le applicazioni terapeutiche proposte e i livelli di evidenza di efficacia, sia nell’ambito della prevenzione che della terapia delle allergie respiratorie e cutanee.

A chiusura, per la rubrica “Letteratura in pillole”, Giorgia Mazzuca e collaboratori ci propongono il commento sull’articolo intitolato: “Association between atopic dermatitis and school readiness in preschool children”. La dermatite atopica sempre più si dimostra essere una patologia complessa che coinvolge in modo rilevante la qualità di vita dei bambini affetti e delle loro famiglie. Il lavoro chiarisce il legame tra lo scarso rendimento scolastico e la gravità della dermatite atopica. Da leggere!

Ci incontreremo tutti presto al prossimo Congresso Nazionale a Genova. Sarà una splendida occasione come sempre per stare insieme e per crescere insieme! 

 

Buona lettura a tutti

Marzia e Giampaolo

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Authors

Marzia Duse - Co-Direttore, RIAP

Giampaolo Ricci - Co-Direttore, RIAP

How to Cite
Duse, M., & Ricci, G. (2024). Editoriale. Italian Journal of Pediatric Allergy and Immunology, 38(1). Retrieved from https://www.riaponline.it/article/view/479
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