Abstract

L’allergia alimentare è una condizione comune in età pediatrica, il cui trattamento prevede la rigorosa esclusione dell’alimento incriminato. La desensibilizzazione orale per alimenti (DOPA) è un’alternativa terapeutica, che si pone l’obiettivo di indurre tolleranza immunologica (desensibilizzazione) attraverso l’assunzione per os di dosi crescenti dell’allergene incriminato. La sua efficacia e la sua sicurezza sono oggetto di indagine e controllo molto stretti ma sono necessari ulteriori studi per definire al meglio i benefici, i rischi e gli standard dei protocolli di desensibilizzazione. Data l’importanza dell’obiettivo terapeutico della DOPA e la complessità organizzativa che comporta, l’integrazione di un infermiere pediatrico attivo nel territorio nell’ambito della DOPA potrebbe risultare particolarmente utile per fornire, sia al bambino che all’équipe medica, un supporto assistenziale di vitale importanza. Tale supporto, rinforzato da possibili interventi di telemedicina, potrebbe diventare un momento strategico fondamentale per la conduzione serena ma precisa delle diverse fasi di desensibilizzazione domiciliare, spesso difficili da gestire in modo autonomo o per motivi logistici o per scarsa attitudine familiare. Le funzioni peculiari dell’infermiere pediatrico relative alla cura, all’organizzazione e, in particolare, all’educazione terapeutica potrebbero essere di grande aiuto sia al medico specialista che al bambino/caregiver, in una rete assistenziale che sgrava i costi ospedalieri e crea consapevolezza e responsabilità nei pazienti e nelle famiglie. Il management infermieristico dovrebbe prevedere: valutazione delle modalità di preparazione e assunzione delle dosi allergeniche, assistenza tecnica per la somministrazione di farmaci, intervento tempestivo a fronte di reazioni e, per completezza, analisi e monitoraggio della qualità di vita. La compilazione della documentazione infermieristica, sotto forma di report, ha la duplice finalità di guidare il paziente favorendone la compliance, ma anche di facilitare e migliorare la tracciabilità della terapia e la condivisione di informazioni preziose con il centro di riferimento. Si potrebbe così arrivare alla stesura di protocolli più sicuri e personalizzati.

L’allergia alimentare costituisce uno dei principali problemi di salute dell’età pediatrica, in particolare nei primi anni di vita; la sua prevalenza è in lento e costante aumento in tutte le età e in tutti i contesti sociali 1. Come è ben noto, l’allergia agli alimenti (nella fattispecie al latte vaccino, primo alimento assunto dal lattante) insieme all’eczema segna l’inizio della marcia atopica e rappresenta un importante fattore prognostico dello sviluppo di allergie a inalanti nelle età successive della vita, ma soprattutto ha assunto il significato di marcatore di rischio di sviluppare asma grave nel bambino/adolescente 2. Ma al di là del valore prognostico, l’allergia alimentare ha di per sé un impatto di tutto rilievo sulla qualità di vita dei pazienti con conseguenze a livello sanitario, personale, psicologico e sociale anche devastanti, sia per i bambini che per i loro genitori 3. E questo non solo in conseguenza dei sintomi, che possono essere veramente fastidiosi ma a causa della terapia. L’evitamento degli alimenti incriminati infatti può essere un buon approccio per le sensibilizzazioni modeste, che nell’arco di uno o due anni si risolvono proprio con la dieta di esclusione, ma non sono certo un rimedio facilmente perseguibile per anni nelle allergie gravi e persistenti 4.

Ne conseguono atteggiamenti psicologici di depressione e ansia sia per il rischio immanente di reazioni anafilattiche gravi che per il rischio di assunzione accidentale dell’alimento incriminato 5.

Lettura attenta di ogni etichetta alimentare, psicosi e gravi disturbi di rapporto con il cibo ne sono la logica conseguenza e rappresentano solo alcuni degli aspetti molto disturbanti della grave allergia alimentare 6,7.

Queste considerazioni hanno stimolato nel corso degli anni l’impegno dei clinici e dei ricercatori a sperimentare nuove strategie di profilassi e di terapia alternative alla dieta di esclusione dell’alimento incriminato e la più recente e innovativa proposta degli ultimi anni è stata la desensibilizzazione orale per alimenti (DOPA) 8.

Questa strategia terapeutica, pur approvata dall’European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI), è tuttora sperimentale e oggetto di numerosi studi nazionali e internazionali finalizzati alla definizione di protocolli ben standardizzati sia nelle dosi che nelle modalità di conduzione, nonché all’identificazione dei pazienti eleggibili 9. Inoltre devono essere ancora meglio definiti i profili di sicurezza ed efficacia, specialmente a lungo termine. I risultati ottenuti fino a ora sono stati promettenti e incoraggianti e derivano principalmente dagli studi eseguiti su popolazioni pediatriche con allergia IgE mediata alle proteine del latte vaccino, all’uovo e alle arachidi 10-12.

Meno frequentemente sono stati sperimentati altri alimenti quali kiwi, frumento, mela, sedano e pesce 13. Del tutto in analogia alla AIT (desensibilizzazione allergene specifica), la DOPA interferisce sul decorso naturale dell’allergia e con l’assunzione regolare e controllata dell’allergene specifico stimola il sistema immunitario a diminuire la reattività verso quell’allergene (desensibilizzazione) fino a sviluppare una tolleranza vera e propria, auspicabilmente definitiva 14.

I pazienti eleggibili alla terapia, secondo le linee guida EAACI sono quelli con forme persistenti di allergia alle proteine del latte vaccino (PLV), all’uovo e alle arachidi a partire da circa 4/5 anni di età, senza particolari riferimenti alla gravità 12.

Alcuni gruppi hanno scelto di trattare solo pazienti con allergia moderata o moderata-grave per ridurre il rischio di anafilassi, altri invece sostengono l’opportunità di inserire anche pazienti con storia di anafilassi, proprio con l’obiettivo di liberarli dall’incubo dell’assunzione accidentale di alimenti con allergene nascosto e dalla dipendenza dall’adrenalina 15.

I protocolli sulle modalità, timing, dosi di assunzione dell’allergene sono molto eterogenei ma nella maggior parte dei casi prevedono che tutte le fasi di aumento graduale della dose vengano eseguite in ambito ospedaliero e che le successive fasi di mantenimento vengano proseguite a domicilio. Esiste tuttavia un certo grado di variabilità dettato non solo da valutazioni cliniche o fattori personali, ma anche e soprattutto dal livello e tipo di organizzazione locale del Centro specialistico di riferimento, che deve comunque disporre di personale esperto e qualificato in grado di gestire la possibile insorgenza di eventi collaterali avversi di qualunque gravità 16. Infatti, a dispetto dei benefici, la DOPA può indurre facilmente reazioni avverse di variabile gravità, fino ad arrivare allo shock anafilattico vero e proprio nei pazienti maggiormente reattivi 17-19.

Per questo viene raccomandato di raccogliere prima dell’inizio della terapia il consenso informato del/i paziente/caregiver e l’informativa deve contenere e spiegare nei dettagli tutti i passaggi, le fasi e le procedure della terapia, i rischi e i possibili benefici nonché le responsabilità del paziente e della famiglia nella conduzione domiciliare della terapia.

Ma non basta l’informativa scritta. Tutti noi ben sappiamo che una comunicazione efficace ed empatica e la costruzione di una relazione di fiducia e comprensione, sono elementi essenziali per ottenere il massimo grado di collaborazione e l’ottimale livello di consapevolezza da parte del nucleo familiare. Questo è particolarmente importante, si potrebbe dire vitale, per il percorso terapeutico della DOPA che nel suo complesso, richiede un costante impegno da parte della famiglia e il cui esito di conseguenza dipende in larga misura dall’attitudine, attenzione e soprattutto dal comportamento dei familiari durante le lunghe fasi di gestione domiciliare 12.

A tutto ciò va aggiunta la possibilità tutt’altro che remota che si verifichino reazioni avverse in corso di DOPA 20. Questo e l’impegno richiesto nella realizzazione del percorso possono rappresentare per il paziente/caregiver ulteriori motivi di rifiuto a intraprendere – o difficoltà a proseguire – questa strategia terapeutica. Con ciò, il fallimento dell’obiettivo primario della terapia: offrire al bambino la possibilità di vivere con maggiore sicurezza e serenità la propria allergia, di liberarsi dai vincoli della rigorosa esclusione dell’allergene dall’alimentazione e la dipendenza dai farmaci di emergenza, come l’adrenalina in caso di anafilassi. Solo la relazione di continua e stretta collaborazione tra il Centro specialistico e i pazienti è in grado di mantenere nel tempo lo stesso grado di attenzione e la conformità alle indicazioni fornite 21.

In questa ottica si può ipotizzare l’intervento al fianco del Centro specialistico di una figura infermieristica del territorio dedicata e se ne possono adombrare i possibili, probabili benefici: dal sostenere il bambino e il caregiver nella deospedalizzazione al controllo e rinforzo dell’organizzazione a lungo termine del percorso di desensibilizzazione 22.

QUALE RUOLO POTREBBE AVERE L’INFERMIERE DOMICILIARE NELLA CONDUZIONE DELLA DOPA?

L‘infermiere dovrebbe:

  • contribuire a educare il paziente/caregiver alla consultazione/utilizzo dell’action plan, lo strumento fornito e redatto dal centro di riferimento con le indicazioni sulla conduzione domiciliare della terapia e gestione di primo livello delle eventuali reazioni avverse;
  • affiancare la reperibilità dello specialista durante il periodo di assunzione dell’allergene a domicilio, redigendo un report ben strutturato per annotare ben precise e circostanziate informazioni sul paziente sottoposto al trattamento, con cadenze decise con il centro di riferimento (rade nella induzione lenta, più frequenti nella induzione veloce).

MA COME ORGANIZZARLO?

L‘infermiere pediatrico del territorio che prende in carico un bambino in procinto di iniziare un percorso di desensibilizzazione, dovrebbe essere coinvolto dal centro di riferimento e ricevere le precise indicazioni sulla programmazione domiciliare della DOPA, quantità e modalità di preparazione del cibo nonché sui rischi per quel particolare bambino. Questa condivisione rende immediatamente attiva e consapevole la rete di cura che dovrebbe ovviamente includere anche il Pronto Soccorso di riferimento. L’infermiere dovrebbe poi tenere un colloquio preliminare con il caregiver e il bambino, per comprendere eventuali difficoltà logistiche, attitudini, abitudini e preferenze individuali al fine di ottimizzare e adeguarvi tempi, luoghi e modalità. L’intervento assistenziale dell’infermiere pediatrico dovrebbe essere effettuato direttamente presso il domicilio in alcune fasi critiche: nelle prime sedute previste dalla DOPA e in quelle che seguono ogni aumento del dosaggio di allergene; quando la situazione clinica è sotto controllo e non si ravvisano particolari criticità, si potrebbe passare all’utilizzo dei servizi di telemedicina.

A ogni appuntamento l’infermiere potrebbe svolgere appieno e con continuità il ruolo educativo che gli compete e che è parte integrante delle attività di assistenza. Innanzitutto si affianca al paziente/caregiver e lo guida nella consultazione/utilizzo dell’action plan, lo strumento fornito e redatto dal centro di riferimento con le indicazioni sulla conduzione domiciliare della terapia e gestione di primo livello delle eventuali reazioni avverse. In questo senso sarebbe auspicabile che l’infermiere verificasse periodicamente la capacità del genitore nell’affrontare situazioni di emergenza o eventi avversi moderati, (magari utilizzando strategie di role playing) e controllasse l’adeguata e corretta conservazione del kit di emergenza.

Tenendo conto dei rischi a cui è sottoposto un bambino trattato con desensibilizzazione orale, l’educazione al riconoscimento dei segni e sintomi di eventi avversi deve essere necessariamente associata all’addestramento delle abilità pratiche per l’uso corretto dei farmaci e dei presidi previsti per l’emergenza.

Sappiamo bene che la relazione e l’educazione sono essi stessi elementi di cura che richiedono tempo e continuità ma sono estremamente utili perché stimolano nel bambino -e nella famiglia- un atteggiamento sempre più adattativo e collaborativo. In questo modo si potrebbe programmare anche una sorta di valutazione periodica della qualità di vita del paziente, (utilizzando questionari validati, oltre al report standard) e si potrebbero indagare e precisare le relazioni tra qualità di vita e trattamento di desensibilizzazione.

IL REPORT

Il focus della relazione infermieristica o report dovrebbe vertere su:

  • valutazione dello stato generale, psicologico ed emotivo del paziente/nucleo familiare;
  • identificazione di atteggiamenti di sopravvalutazione o al contrario di sottostima del rischio di reazioni avverse;
  • superficialità/incoerenza nella valutazione di eventuali sintomi;
  • livello di attenzione per la gestione delle condizioni logistiche (presenza di co-fattori ambientali potenzialmente scatenanti), cliniche (emergenza di comorbidità), fisiche (sforzi, attività stressanti) e igieniche (preparazione dell’alimento e dosi) nel momento in cui viene assunto l’allergene;
  • monitoraggio degli eventi avversi “minori”, con particolare attenzione alla sintomatologia gastrointestinale, poiché alcuni studi hanno dimostrato il rischio di sviluppo nel tempo esofagite eosinofila 23.

Un modello di report è riportato in Tabella I (A e B).

Il report, se compilato con continuità dall’infermiere del territorio consentirebbe sia al pediatra di famiglia che al pediatra allergologo del centro di riferimento di avere una visione globale e più oggettiva, sull’andamento della desensibilizzazione domiciliare e di poter modulare su questo il protocollo, le dosi di induzione e la lentezza o accelerazione delle fasi, realizzando con ciò una vera terapia personalizzata.

Il costante miglioramento della strategia in circolo virtuoso rinforzerebbe la spontanea adesione al protocollo e “premierebbe” l’importante impegno profuso da pazienti e famiglie. Nel complesso l’affiancamento Medico/Infermiere risulterebbe in un continuo rinforzo educativo; iniziato con l’effettiva comprensione delle istruzioni fornite dall’action plan, proseguirebbe con l’aiuto al corretto utilizzo dei farmaci e dell’allergene nelle prime assunzioni domiciliari, per arrivare al riconoscimento tempestivo dei segni e sintomi premonitori di grave reazione allergica.

Il fine ultimo è quello di aiutare i pazienti a superare eventuali ansie e preoccupazioni che nel tempo potrebbero portare all’abbandono del protocollo e interruzione della DOPA e di far raggiungere anche ai pazienti più critici e reattivi, una soglia di desensibilizzazione sufficiente a proteggerli da possibili shock anafilattici a seguito di assunzioni accidentali dell’allergene in causa.

Tra i risultati attesi potremmo immaginare anche un consistente aumento del numero di pazienti arruolabili: se infatti è vero che l’impegno, l’attenzione e i rischi connessi alla DOPA sono tali da imporre un’accurata selezione dei pazienti arruolabili, l’affiancamento di un infermiere territoriale consentirebbe di allargare le maglie della selezione estendendola anche ai nuclei familiari più critici, quelli che sarebbero attualmente esclusi o per scarsa compliance, scarsa capacità di comprendere l’impegno della procedura, per scarsa attitudine all’igiene o per estrema gravità –rischio- dell’allergia.

Da un canto l’aumento della popolazione in studio e dall’altro la integrazione dei report infermieristici nei protocolli di sperimentazione, in combinazione con le opinioni dei pazienti/caregiver, potrebbero nel loro insieme contribuire in modo significativo anche alla ricerca clinica, offrendo ulteriori dati integrati su cui elaborare protocolli più sicuri e adeguati.

Figure and Tabella

All’inizio della assistenza domiciliare
Data inizio DOPA
Anagrafica DATA:
Iniziali (o nome)
Età
Allergene/i principale/i
Altri allergeni alimentari 1 2 3
Altri allergeni respiratori 1 2 3
In dieta priva di: (indicare alimento/i vietato/i) 1
2
3
Familiari di riferimento: mamma - papà - parente - colf - fratello
Alimento in causa:
Centro di riferimento
Dott./prof
Infermiere, dott.
Tel. ospedale 1 2
Tel. cellulare 1 2
Reperibilità: No
Sintomi 1
2
3
Tabella I. A). Bozza di report da compilare da parte dell’infermiere allergologo.
A ogni controllo
DATA: N. progressivo osservaz.:
• Induzione ospedale/domicilio • Mantenimento ospedale/domicilio
Età attuale (a, m: ad es. 6, 4):
Condizioni generali (scadenti, discrete, buone, eccellenti):
Frequenta la scuola? No
La mensa scolastica? No
Le festine con compagni? No
Somministrazione della dose
Alimento Quantità Correttezza preparaz. Ora assunz. Attività fisica (sì/no) dopo (min) N. dose dall’ultimo incremento Premedicazione
No
Osservazione
EA Shock GI Orale Cute Respiratorio Min/h post. assunz
Eventuale terapia
CSI CSO Adrenalina Antistaminici SABA Altro
Aspetti psicologici
Paziente Ansia (1-10) Attenzione (1-10) Attività Comunicazione Collaborazione (1-10)
Punteggio
Caregiver Ansia (1-10) Attenzione (1-10) Attività Comunicazione Collaborazione (1-10)
Punteggio
Tabella I. B). Bozza di report da compilare da parte dell’infermiere allergologo.

References

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Authors

Marianna Riccio - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

AnnaMaria Zicari - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

Caterina Anania - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

Giulia Brindisi - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

Bianca Cinicola - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

Giovanna De Castro - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

Marzia Duse - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Università Sapienza, Roma

How to Cite
Riccio, M., Zicari, A., Anania, C., Brindisi, G., Cinicola, B., De Castro, G., & Duse, M. (2022). La DOPA e l’infermiere pediatrico: una proposta di lavoro. Italian Journal of Pediatric Allergy and Immunology, 36(1), 23–27. https://doi.org/10.53151/2531-3916/2022-5
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