Abstract

L’asma è una condizione cronica che colpisce milioni di adolescenti in tutto il mondo e che compromette il loro benessere fisico e psicosociale. Questa revisione esamina come l’asma impatta i molteplici aspetti dell’adolescenza per comprendere quali sfide i ragazzi debbano affrontare e le implicazioni per la loro qualità complessiva della vita: a partire dalle limitazioni nelle attività fisiche per arrivare a capire come si instauri l'effettiva diminuzione della funzionalità polmonare, l’interferenza con lo sviluppo polmonare e con le attività cerebrali. I sintomi persistenti possono ad esempio interrompere il sonno e portare a scarso rendimento scolastico. Inoltre, il carico psicosociale dell’asma sugli adolescenti è ugualmente significativo. Vivere con una condizione cronica può portare a un aumento dello stress, dell’ansia e dell’isolamento sociale, con un impatto sull’autostima e sulla salute mentale generale. Gli adolescenti con asma possono anche sperimentare la stigmatizzazione o l’esclusione dei coetanei a causa della loro condizione, esacerbando ulteriormente il disagio emotivo. È essenziale un approccio globale alla gestione dell’asma negli adolescenti. L’ottimizzazione dei piani di trattamento attraverso cure personalizzate e piani d’azione, può migliorare il controllo dei sintomi e mitigare i limiti fisici. Inoltre, fornire informazioni e un sostegno adeguati agli adolescenti e alle loro famiglie promuove l’adesione ai regimi terapeutici, consentendo ai giovani di assumere il controllo della propria salute. Affrontare gli aspetti psicosociali del carico dell’asma richiede uno sforzo collaborativo che coinvolga operatori sanitari, scuole e reti di supporto. Gli interventi psicosociali, come la terapia cognitivo-comportamentale e i gruppi di sostegno tra pari, offrono strumenti preziosi per migliorare le strategie di coping e promuovere la resilienza negli adolescenti che affrontano le sfide emotive legate all’asma. In conclusione, l’asma compromette negli adolescenti la dimensione fisica e psicosociale, influenzando vari aspetti della loro vita quotidiana. Comprendere l’entità delle molteplici implicazioni dell’asma è fondamentale per fornire assistenza e supporti consapevoli e convincenti agli adolescenti, consentendo loro di completare felicemente la maturazione fisica ed emotiva mantenendo una buona cura dell’asma (aderenza, compliance) ed evitando rischi per il futuro sviluppo di BPCO. Un buon piano sanitario e di gestione può consentire agli adolescenti di condurre una vita appagante e raggiungere il loro pieno potenziale.

Introduzione

Ormai sappiamo con certezza che l’asma e lo wheezing della prima infanzia sono o possono essere la spia di un difetto di maturazione polmonare che porta in prima istanza all’asma, ma che in età adulta può contribuire allo sviluppo di broncopneumopatia ostruttiva, una delle più frequenti malattie croniche invalidanti 1.

Una buona cura dell’asma ha quindi ricadute non solo a breve termine, come benessere individuale, ma anche a lungo termine nell’ambito della medicina sociale per ridurre le invalidità e il rapido declino funzionale respiratorio da broncopneumopatia cronica in età adulta/senile. In questo senso la responsabilità dei pediatri è molto gravosa.

Nella consapevolezza dell’importanza di una buona gestione dell’asma, sono fiorite linee guida per la gestione dell’asma in ogni nazione e promosse da ogni società scientifica che se ne interessi nel mondo. Di fatto ha avuto grande diffusione il protocollo operativo GINA (Global INitiative for Asthma) supportato dal National Institutes of Health (NIH) e dalla World Health Organization (WHO) che dal 1993 fornisce raccomandazioni e direttive per la maggior parte dei casi basate su sostanziali evidenze scientifiche che deve la sua enorme diffusione non solo all'autorevolezza degli estensori ma anche alla sua attualità: rispetto alla lentezza con cui vengono aggiornate le altre linee guida, il Documento GINA viene aggiornato ogni anno e recepisce subito ogni nuova evidenza o suggestione emerga dalla nella letteratura internazionale 2.

In ogni caso tutte le linee guida locali, nazionali e internazionali, hanno enormemente contribuito alla diffusione della cultura dell’asma e all’adeguamento dell’approccio terapeutico e gestionale da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di famiglia, mantenendo rigorosamente distinte le indicazioni sia diagnostiche che gestionali per l’età pediatrica e per quella adulta.

Il fine di tutti questi documenti, che peraltro si differenziano come ben sappiamo per pochi dettagli e sono sostanzialmente sovrapponibili per schemi di intervento, è il controllo della malattia e delle recidive per consentire una vita normale e una qualità della vita buona. Ogni valutazione prende ovviamente l’avvio dall'accurata valutazione clinica che comprende non solo la dettagliata anamnesi, l’esame obiettivo e i test diagnostici appropriati che consentono l’inquadramento del tipo di asma e quindi l’applicazione della terapia, ma anche la valutazione nel tempo della risposta al trattamento. Nella gestione dell’asma basata sul controllo, i trattamenti – farmacologico e non farmacologico – vengono intramezzati da periodiche rivalutazioni e revisioni da parte di personale adeguatamente preparato (Fig. 1). L’accuratezza della revisione dipende anche dal continuo aggiornamento dei protocolli di diagnosi e cura che devono acquisire immediatamente e inserire nel piano ogni nuovo presidio terapeutico, ogni nuovo marcatore biologico che si sia rivelato utile e predittivo del rischio di recidive o di complicanze o del rischio di tossicità da farmaci 3.

La terapia varia ed è differenziata per età, tuttavia lo schema, come è ben noto, rimane sostanzialmente invariato: graduale aumento o diminuzione del numero e della dose dei farmaci al fine del raggiungimento del controllo ottimale dei sintomi, con un approccio step-care in cui la terapia antinfiammatoria a base di corticosteroidi somministrati per via inalatoria (ICS) rappresenta la pietra miliare. Anche se apparentemente questo approccio ha ottenuto risultati molto buoni, con un discreto controllo della malattia in molti pazienti, in età pediatrica abbiamo evidenze molto preoccupanti: nelle più recenti survey sull’asma pediatrico, emerge che oltre il 60% dei pazienti pediatrici, pur in trattamento presso centri pediatrici qualificati, rimangono sintomatici con scarso controllo dell’asma 4,5. Una delle difficoltà maggiori nell'applicazione della terapia (ovvero nel rispetto delle prescrizioni del medico da parte della famiglia/paziente) è legata alla difficoltà di far partecipare pazienti e famiglie alla gestione della malattia con conseguente bassa aderenza terapeutica e soprattutto scarsa capacità di valutare in modo appropriato la gravità dei sintomi e di conseguenza di calibrare la terapia 6. Nemmeno la valutazione oggettivo/soggettiva della qualità della vita, notoriamente alterata in misura profonda nell’asma, ha potuto contribuire ad aumentare la consapevolezza dei pazienti.

Oggi, alla luce di questa unica ed eccezionale opportunità di ridurre la prevalenza di pneumopatie croniche in età matura, sta ai pediatri soprattutto di trovare strategie nuove o di migliorare quelle vecchie, consapevoli del profondo mutare dei tempi e quindi della necessità di trovare linguaggi e approcci comprensibili e condivisibili da un pubblico estremamente variegato, per età, cultura, sensibilità. Tuttavia, mentre per i pazienti in età infantile il pediatra è per sua natura portato a triangolare i messaggi con i bambini-genitori, per i pazienti in età adolescenziale non è preparato ad affrontare i problemi in modo consono e certamente non è un approccio facile, proprio per l’estrema delicatezza dell’età e i continui, anche repentini cambiamenti somatici, cognitivi e psicologici dell’adolescente.

Nell’ambito di queste trasformazioni, la maturazione e lo sviluppo polmonare giocano un ruolo fondamentale nel plasmare la salute e il benessere degli adolescenti. Mentre questi giovani sono impegnati ad accogliere le sfide del mondo che li circonda, i loro polmoni subiscono silenziosamente e impercettibilmente la fisiologica metamorfosi, che permetterà loro di respirare più profondamente ed esplorare così i limiti del proprio corpo e le infinite possibilità della vita. Per alcuni di loro tuttavia questa sinfonia è interrotta da una condizione che colpisce milioni di persone in tutto il mondo: l’asma. Quando esordisce a questa età è come se una tempesta inaspettata alterasse ogni loro esperienza, gettando un’ombra su quotidianità e sogni. Ma anche quando la sintomatologia era preesistente, l’età dell’adolescenza rende i ragazzi particolarmente vulnerabili e le ricadute, soprattutto quando frequenti, costituiscono una fonte non solo di malessere, ma anche di ansia e di preoccupazione: un handicap particolarmente pesante, al limite dell’inaccettabile. Gli adolescenti con l’asma devono affrontare sfide uniche, esacerbate dalla loro preoccupazione per l’immagine corporea, lo sviluppo dell'identità personale, la necessità di accettazione tra pari e la tentazione verso comportamenti a rischio. I giovani con malattie croniche spesso enfatizzano la necessità di un’assistenza centrata sulla persona, piuttosto che un’assistenza centrata sulla condizione e potrebbe essere proprio il punto di forza per coinvolgere il giovane a ragionare sull’impatto dell’asma sulla sua vita e a motivarlo in modo personalizzato ponendo obiettivi condivisi.

E in questo processo di condivisione è fondamentale che il pediatra conosca a fondo quali sono i mutamenti somatici e psichici dell’adolescente e quale impatto ha l’asma su tutte le complesse componenti dello sviluppo. Solo con queste conoscenze, che qui di seguito verranno dettagliate punto per punto, gli operatori sanitari potranno strutturare un piano di intervento che utilizzi tutte le risorse disponibili – mediche e non – accettate dalle linee guida e personalizzate (ovvero rispondenti alle esigenze e alle attitudini di quell’adolescente) con l’obiettivo di controllare l’asma in modo che pur continuando a far parte della vita del paziente, non ne possa influenzare il destino.

Sviluppo polmonare e fattori che lo influenzano

Lo sviluppo polmonare segue specifiche traiettorie di sviluppo e decadenza. Fisiologicamente, nella popolazione generale il picco della funzione polmonare viene raggiunto in media intorno ai 22 anni per i maschi e leggermente prima per le femmine 7 dopodiché la funzione polmonare ha un breve plateau di stabilità di alcuni anni per poi iniziare la lunga fase del lento declino 8,9. Ovviamente ci si è chiesti se e come l’asma potesse influenzare lo sviluppo e la crescita della funzionalità polmonare e le prime, fondamentali e rilevanti risposte sono derivate dagli studi originali della coorte di Tucson con la descrizione fenotipica delle diverse forme di wheezing 10, cui fecero seguito più approfonditi studi funzionali che confermarono come una ridotta funzionalità polmonare nei primi anni di vita condizioni poi la curva di sviluppo fino all’età adulta 11,12.

Lo schema fenotipico di wheezing descritto da Martinez ha subito vari ritocchi e, proseguendo l’osservazione negli anni, si è rivelato strumento prezioso per studiare i singoli gruppi fenotipici e per studiarne il destino 13. Da allora si sono aggiunti molti altri studi per cercare di tracciare con precisione le possibili diverse traiettorie di sviluppo polmonare, con risultati più o meno simili e riassumibili nello schema proposto da McGeachie et al. sul potenziale impatto dell’asma sullo sviluppo della funzionalità polmonare dall’infanzia all’età adulta che descrive 4 traiettorie: “crescita normale”, “crescita normale e declino precoce”, “ridotta crescita” e “crescita ridotta e declino precoce” (Fig. 2) 9.

Viene quindi ovviamente da chiedersi quali siano le differenze che condizionano un destino polmonare così diverso. Sapere, avere una migliore conoscenza dei fattori più rilevanti, dei fattori predittivi, della sede (piccole o grandi vie aeree) e della tempistica dello sviluppo della compromissione della funzionalità polmonare potrebbero porre le basi per efficaci misure preventive volte a consentire un ottimale sviluppo polmonare tanto nei soggetti sani che nei soggetti asmatici. Ovviamente le variabili nell’arco della vita sono moltissime e lo sviluppo dell’apparato respiratorio può essere compromesso in ogni momento: addirittura in periodo prenatale, certamente nei primissimi anni di vita e anche per tutta l’infanzia, ma può avere qualche influenza anche il periodo adolescenziale?

Il gruppo olandese di Koefoed et al. ha cercato di dare risposte a questi quesiti conducendo un'ambiziosa metanalisi su tutti i dati di letteratura disponibili nel 2021 con l’obiettivo di stabilire quando si osservano le alterazioni irreversibili più rilevanti, se la iperreattività bronchiale o le diverse comorbidità dell’asma abbiano un ruolo rilevante e se il loro peso cambia a seconda dell’età in cui esordiscono 14. Le conclusioni cui giungono gli autori sono di necessità piuttosto generiche, in quanto nei diversi studi cambia l’età di osservazione e cambiano gli outcome valutati rendendo difficile trarre conclusioni stringenti. Ad esempio, per quanto riguarda i rapporti tra sviluppo funzionale dei polmoni e asma, Sears et al. hanno riscontrato che l’asma più grave e il respiro sibilante persistente erano associati a ridotta crescita polmonare durante l’infanzia e l’adolescenza 15, mentre altri studi non hanno riscontrato alcuna associazione tra la ridotta crescita polmonare nei primi anni di vita e l’asma lieve o transitorio 10,16. Ma oltre al diverso disegno degli studi, incidono sul peso dei risultati anche il numero delle variabili, dalla familiarità per asma all’età di insorgenza dell’asma o wheezing, dalla persistenza e gravità dei sintomi alla presenza ed età della sensibilizzazione allergica, nonché la compartecipazione degli altri organi/apparati, in particolare il naso (la rinite è notoriamente un fattore strettamente legato alla gravità/scarso controllo dell’asma) 17.

Anche se generici, i risultati di questa approfondita analisi sono comunque di grande interesse e sono riassumibili in alcuni punti essenziali:

  1. gran parte dei bambini con asma o wheezing ha una funzionalità respiratoria inferiore alla norma e i parametri respiratori si sviluppano mantenendosi al di sotto di quelli dei soggetti sani, confermando appieno le originali segnalazioni di Martinez et al. per cui asma e wheezing nei primi anni di vita si configurano come importanti fattori di rischio predisponenti lo sviluppo di broncopneumopatia ostruttiva (BPCO) dell’adulto 1. Dopo la prima infanzia infatti la crescita delle funzionalità respiratorie anche dei bambini con asma segue una curva che rimane del tutto parallela a quella del polmone sano. In questa ottica la prima infanzia si configura definitivamente come un periodo particolarmente critico per lo sviluppo polmonare in cui wheezing e ogni forma di IRB deve essere tempestivamente curata per evitare recidive;
  2. il più grave fenotipo è quello dell’early transient wheezing perché mantiene uno sviluppo polmonare inferiore anche a tutti gli altri fenotipi confermando indirettamente che questo gruppo di bambini è caratterizzato da una congenita ristrettezza delle vie respiratorie: nonostante con la crescita il calibro delle vie respiratorie aumenti – e quindi il sintomo wheezing scompaia – in questi soggetti il difetto funzionale persiste e condiziona anche in età adulta un gap respiratorio;
  3. anche l’età adolescenziale appare critica: quando l’asma – lieve – e la IRB esordiscono nell’adolescenza, la curva di sviluppo funzionale del polmone si arresta assestandosi a livelli inferiori della norma. Per converso, se l’asma va in remissione, i giovani adulti mostrano valori spirometrici migliori rispetto ai coetanei con asma persistente;
  4. la sensibilizzazione atopica (soprattutto precoce, entro il 2° anno di vita) la polisensibilizzazione e la coesistenza di rinite allergica sono tutti fattori che si confermano associati a una peggior curva di sviluppo polmonare 18.

Pubertà e ormoni

Tra i fattori determinanti la crescita e la funzionalità polmonare, nonché la storia naturale e la prevalenza dell’asma, sono stati ben studiati sia l’età che il genere, proprio sulla base dell’osservazione epidemiologica che la prevalenza dell’asma era più alta nei bambini rispetto alle bambine durante l’infanzia, ma poi in adolescenza il rapporto si invertiva, con maggiore prevalenza di asma nelle femmine rispetto ai maschi. In dettaglio, i maschi hanno una prevalenza di asma pari a 11,9% vs 7,5% nelle femmine, e un rischio doppio rispetto alle ragazze di essere ricoverati in ospedale per una riacutizzazione dell’asma 19; raggiunta l’età adolescenziale tuttavia prevalenza e morbilità dell’asma calano nei maschi (6,3%) in concomitanza con un aumento nelle femmine (9,6%). Questi valori raggiunti in adolescenza si mantengono poi nell’età adulta 20,21 e si accompagnano a una probabilità tre volte maggiore rispetto agli uomini di ricovero in ospedale per un evento correlato all’asma 22,23. Questo aumento della prevalenza dell’asma nelle donne si mantiene fino al periodo della menopausa, per poi diminuire 24. La diversa prevalenza dell’asma nei generi e nelle diverse età della vita coincide con i cambiamenti negli ormoni sessuali che contraddistinguono l’adolescenza e suggeriscono che gli ormoni sessuali contribuiscano a modulare i percorsi associati alla patogenesi dell’asma. Lo studio Childhood Asthma Management Program (CAMP) ha monitorato longitudinalmente il punteggio medio dei sintomi dell’asma e la progressione della malattia attraverso la pubertà, utilizzando la metrica dello stadio di Tanner (Fig. 3), in ragazzi e ragazze di età compresa tra 4 e 17 anni 25. All’età di circa 10 anni, quando i punteggi di Tanner iniziano ad aumentare nelle ragazze, anche il punteggio medio dei sintomi dell’asma aumentava nelle femmine, mentre diminuiva nei maschi. Nelle femmine inoltre questo peggioramento, con aumento di gravità e di frequenza dei sintomi di asma, continuava il suo trend di aumento con l’aumentare degli stadi di Tanner 25 17. Questi dati sono stati ulteriormente confermati da uno studio che ha dimostrato che il menarca precoce (≤ 11 anni) aumenta l’incidenza dell’asma 26. Cumulativamente, questi e altri studi costituiscono una forte evidenza epidemiologica che la prevalenza dell’asma nelle donne è aumentata durante l’adolescenza e che il menarca precoce ne aumenta ulteriormente il rischio.

Peraltro sono ben noti anche i cambiamenti dell'intensità dei sintomi di asma durante il ciclo mestruale: circa il 30-40% delle donne con asma riferisce un peggioramento pre- o peri-mestruale 27-29. Durante la fase pre- o peri-mestruale del ciclo sono stati messi in rilievo in particolare una diminuzione del picco di flusso espiratorio, un aumento dei sintomi dell’asma e un maggiore uso di farmaci 29. Ulteriori studi hanno messo in evidenza che le donne con sintomi di asma premestruale presentavano un aumento dell’ossido nitrico esalato (FeNO) – che come è noto misura l’ossido nitrico prodotto dall’epitelio respiratorio e correla con l’infiammazione eosinofilica – e degli eosinofili nell’espettorato nella fase premestruale rispetto al settimo giorno di ciclo 30,31. A oggi non è ancora ben noto in che modo gli estrogeni, il progesterone o potenzialmente altri ormoni che sono regolati in modo differenziato attraverso il ciclo mestruale, influenzino l’infiammazione delle vie aeree: gli studi mirati a comprendere se gli ormoni ovarici aumentassero l’infiammazione delle vie aeree nelle donne che assumevano contraccettivi orali ormonali (monitorandone i sintomi d’asma rispetto alle donne che non assumevano contraccettivi) hanno dato risultati discordanti e non conclusivi, per cui il ruolo della pillola contraccettiva orale è ancora dibattuto; al contrario gli estrogeni in terapia sostitutiva sembrano associarsi a un maggior rischio di asma 32-37.

I recettori degli estrogeni sono costitutivamente espressi nei tessuti polmonari, comprese le cellule muscolari lisce, senza alcuna differenza tra maschi e femmine e il relativo ruolo reciproco tra recettori alfa e beta (ERα e ERβ) viene influenzato dal microambiente e dal livello ormonale. Si è visto che ERα ed ERβ regolano il passaggio transcellulare del Ca++: attraverso i canali del Ca++, ERα ne aumenta l’ingresso ed ERβ ne diminuisce il passaggio attivando rispettivamente la contrazione o il rilassamento del tessuto muscolare peribronchiale 38.39. Tuttavia a oggi solo i dati clinici ed epidemiologici sono sufficientemente robusti per farci ipotizzare il ruolo degli ormoni sessuali nell’influenzare i sintomi, la prevalenza e la gravità dell’asma e gran parte delle informazioni sulla regolazione dell'infiammazione delle vie aeree da parte degli ormoni sessuali derivano esclusivamente da studi in modelli murini di asma e non sono stati ancora confermati nell’uomo. I dati in nostro possesso grossolanamente indicano che gli ormoni ovarici, inclusi estrogeni e progesterone, sono peggiorativi sull’asma, mentre gli androgeni, inclusi testosterone e 5-alfa diidrotestosterone (5α-DHT), sopprimendo le risposte immunitarie innate e adattative che guidano l’infiammazione delle vie aeree, possono esercitare un effetto protettivo sull’asma, anche se in realtà queste interazioni sono molto più complesse 37,40. Anche un recente studio italiano sull’asma grave ipotizza un meccanismo simile; curiosamente gli autori riscontrano un livello simile di FEV1 e un tasso simile di riacutizzazioni gravi nei maschi e nelle femmine, ma confermano la maggiore prevalenza di asma, minor tasso di remissione, un controllo dei sintomi più scarso (in parte attribuito a una maggiore prevalenza delle comorbidità come obesità e reflusso gastroesofageo) e un numero maggiore di ricoveri per attacchi di asma nelle femmine adulte rispetto ai maschi 38. Dal momento che in queste pazienti con asma grave gli autori riscontrano un significativo aumento in circolo di cellule linfoidi innate di tipo 2 (ILC2), ipotizzano che queste differenze possano essere riconducibili all’azione degli estrogeni con conseguente aumento del substrato infiammatorio 31. A supporto di questa ipotesi, modelli sperimentali in vivo hanno dimostrato che l’ovariectomia riduce fortemente la produzione di sia le cellule linfoidi innate di tipo 2 che le cellule che secernono IL-17 e IL-1, coinvolte rispettivamente negli endotipi eosinofilico e neutrofilico di asma 41. Un’ipotesi alternativa – comunque non mutuamente esclusiva – è che le donne mostrino un fenotipo più aggressivo dell’asma perché manca l’attività protettiva degli ormoni sessuali maschili, noti come potenti down regolatori delle risposte immunitarie sia innate che adattative 42-44. In ogni caso, utilizzando i marcatori dell'infiammazione di tipo 2 (livelli sierici di IgE e di eosinofili e valori di FeNO) si è osservata una maggior frequenza di infiammazione di tipo 2 nei maschi 38. Forse la maggior frequenza di pattern infiammatorio di tipo 1 nelle femmine può essere almeno in parte giustificato dal fatto che vi è maggiore prevalenza di alcune comorbilità, come l’obesità e la malattia da reflusso gastro-esofageo, che sono spesso associate a un’infiammazione non eosinofila, e dalla minore prevalenza di poliposi nasale, tipicamente associata a un alto grado dell’infiammazione eosinofila 39,45. Dal momento che l'infiammazione di tipo 1 risponde meno agli steroidi, questo può in parte spiegare anche il controllo dell’asma più scarso nelle femmine rispetto ai maschi 38.

Poiché i sintomi dell’asma mostrano di essere influenzati dai cambiamenti ciclici dei livelli ormonali nelle donne in età fertile, l’uso di contraccettivi potrebbe aiutare a trattare le pazienti con asma perimestruale e asma grave. In generale: il testosterone sembra sopprimere l’asma e anche il deidroepiandrosterone (DHEA), un androgeno meno virilizzante, sembra efficace nel trattamento dell’asma e ne è stato dimostrato un discreto effetto terapeutico e sul risparmio di steroidi 45. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per confermare il dato e per determinare dose ottimale e via di somministrazione del DHEA per ciascun sesso. Certamente è consigliabile attuare un monitoraggio del livello sierico di DHEA-S nei pazienti con asma in trattamento con steroidi per via inalatoria e può essere presa in considerazione la terapia sostitutiva per i pazienti con un basso livello di DHEA 46.

Determinanti di genere

Nella fisiologia respiratoria, c’è sempre una criticità tra valori che fanno parte del normale continuum e valori che caratterizzano la malattia (sano/malato). Lo stesso si può dire per l’area e il modello di crescita polmonare. Sappiamo che mentre il polmone cresce e matura, la lunghezza e il diametro delle vie aeree crescono in proporzioni simili, rendendo la resistenza al flusso d’aria simile tra gli individui, indipendentemente dal volume raggiunto. Ad esempio, indipendentemente dalla capacità vitale di un individuo, ogni soggetto sano dovrebbe essere in grado di espellere con forza circa l’80% della sua capacità vitale in 1 secondo, ovvero il FEV1/FVC dovrebbe essere di circa 0,8 per tutti. Disponiamo quindi di valori di riferimento basati su rilievi fatti della popolazione generale che indicano i limiti di normalità dei valori di FEV1, FVC e FEV1/FVC 47. In realtà, non è necessariamente così, poiché il rapporto tra calibro delle vie aeree e volume polmonare non è coerente 48. Cosa significa, ad esempio, quando le dimensioni polmonari (VC o FVC) e il FEV1 rientrano nei limiti normali, ma sono presenti valori che indicano un’ostruzione del flusso aereo clinicamente significativa: FEV1/FVC inferiore al limite inferiore della norma o utilizzando il cut-off fisso di FEV1/FVC < 0,7 o 0,8? Sono necessariamente segno di patologia – l’ostruzione del flusso d’aria è grave – o il quadro può far parte del normale continuum? È davvero un problema clinico? Già nel 1974 Green et al. avevano valutato l’associazione tra vie aeree e dimensioni polmonari nelle donne e negli uomini adulti come rapporto tra una misurazione sensibile alla dimensione polmonare (capacità vitale) e una misurazione sensibile alla dimensione delle vie aeree (flusso espirato, rebound statico) 49. Avevano osservato così ampie variazioni nei flussi espiratori massimi in soggetti normali con dimensioni polmonari simili e avevano definito “crescita disanaptica” la crescita sproporzionata tra dimensioni polmonari e calibro delle vie aeree. Hanno postulato che le differenze nei flussi espiratori massimi osservati fossero dovute a differenze interindividuali nel calibro e nella geometria delle vie aeree (calibro rispetto alla lunghezza) e hanno concluso che la disconnessione tra le dimensioni del polmone e le dimensioni delle vie aeree fosse effettivamente una variante normale. Mead et al. hanno continuato il lavoro dimostrando che non vi era alcuna associazione tra il calibro delle vie aeree (stimato come flusso espiratorio massimo/pressione statica di ritorno al 50% della capacità vitale) e le dimensioni del polmone, ma osservando anche che vi erano differenze nel calibro delle vie aeree tra individui di sesso maschile e femminile con volumi polmonari comparabili 50. Il lavoro di Green e Mead è stato ulteriormente sviluppato utilizzando tecniche più sofisticate, come la riflettanza acustica e la tomografia computerizzata 48,51,52 che hanno definitivamente confermato che gli uomini adulti sani hanno mediamente vie aeree di diametro maggiore del 17% rispetto a quelle delle donne 53. La misurazione della riflettanza acustica, pur con il limite di fornire solo le dimensioni della “regione” tracheale, ha dimostrato che l’area della sezione tracheale è più piccola del 29% nelle donne rispetto agli uomini con la medesima capacità polmonare totale 54. La tomografia computerizzata ad alta risoluzione ha dimostrato che negli ex fumatori più anziani, le aree luminali delle vie aeree più grandi e centrali sono più piccole del 14-31% nelle donne rispetto agli uomini anche quando abbinate alla dimensione del polmone 55.

Viene ovvio a questo punto chiedersi se queste importanti misurazioni e variazioni fisiologiche abbiano anche una rilevanza clinica e se possano contribuire a spiegare l’inversione della prevalenza dell’asma in adolescenza quando si raggiungono le dimensioni polmonari dell’età adulta. Effettivamente le differenze di genere nell’anatomia delle vie aeree acquistano importanza se si considerano i principi del flusso aereo. I principali siti di resistenza (80%) sono le vie aeree più grandi, mentre le vie aeree più piccole contribuiscono per meno del 20% e la resistenza al flusso d’aria è inversamente proporzionale al raggio alla quarta potenza 53. Ne consegue che durante l’esercizio dinamico, quando la ventilazione e i flussi sono elevati, una donna della stessa dimensione polmonare di un uomo avrebbe una maggiore resistenza delle vie aeree e un flusso d’aria più turbolento. Ovviamente l’elevata resistenza delle vie aeree condiziona la tendenza alla costrizione ventilatoria meccanica che si accompagna a un maggior costo meccanico e metabolico della ventilazione 53. Il volume polmonare significativamente inferiore delle donne rispetto agli uomini è con ogni verisimiglianza correlato a un minore numero totale di alveoli, come suggerito peraltro dall’esame post-mortem dei polmoni ottenuto da ragazzi e ragazze (da 6 settimane a 14 anni) 56. Volumi polmonari più piccoli e flussi espiratori massimi inferiori spiegano perché le donne abbiano una capacità ventilatoria relativamente ridotta rispetto agli uomini, il che si riflette nelle dimensioni dei loro rispettivi flusso-volume massimo espiratori. Inoltre è stato osservato che l’ipoventilazione alveolare relativa della disanapsi porta a una diminuzione della tensione arteriosa dell’ossigeno e a un aumento della tensione arteriosa dell’anidride carbonica 53. In effetti, alcuni studi suggeriscono che il raggiungimento dei limiti ventilatori meccanici del sistema respiratorio possa portare o esacerbare l’ipossiemia arteriosa indotta dall’esercizio 54,57,58. Se ne conclude che la disanapsi è un reale facilitatore dell'insorgenza di patologie respiratorie, che è alla base della maggiore prevalenza e gravità dell’asma nelle donne, come peraltro documentato dal maggiore utilizzo dell’assistenza sanitaria, maggior ricorso a ricoveri e accessi in pronto soccorso e addirittura maggior mortalità per asma 59,60. Infatti, anche se negli ultimi 15 anni è stata osservata una riduzione globale della mortalità per asma, esiste tutt’oggi un divario tra i due sessi, con maggiore prevalenza di decessi per asma nelle donne 61.

In conclusione, la somma di questi dati conferma che l’adolescenza è caratterizzata da una rapida crescita somatica, nella fattispecie la maturazione fisiologica della funzione e la crescita del volume polmonare, e da cambiamenti comportamentali ampiamente influenzati dal genere, per cui le femmine hanno maggiori probabilità di soffrire di asma, maggior difficoltà a controllare i sintomi e più facilità a soffrire di effetti avversi ai farmaci e di questo dobbiamo tener conto sia in fase diagnostica che nel management terapeutico 62,63 .

Il sistema immune nell’adolescente asmatico

L’asma è una malattia infiammatoria cronica, caratterizzata da un’ostruzione variabile e reversibile del flusso aereo in risposta a specifici trigger, ma quando si instaura una condizione di iperreattività bronchiale, la risposta broncostruttiva viene indotta da qualunque stimolo irritante delle vie respiratorie, compreso lo sforzo fisico. Si potrebbe quindi definire una malattia in cui l’orchestrazione immunologica dell'infiammazione è parte fondante della malattia.

Atopia e infiammazione allergica

L’asma è stata in passato classificata in intrinseca ed estrinseca. La forma intrinseca di asma viene innescata da numerosi fattori aspecifici, come l’aspirina, le infezioni polmonari, l’esercizio fisico, il freddo, lo stress, l’obesità, ecc. 64. La forma estrinseca invece identifica di fatto l’asma allergico, che è causato dall'esposizione ad allergeni cui il soggetto è sensibilizzato, capaci di innescare la cascata di eventi che attiva la via infiammatoria Th2-mediata. Attualmente si preferisce differenziare i tipi di asma secondo l’endotipo, ovvero secondo il meccanismo fisiopatologico che la sottende. Nell'infanzia e nell’adolescenza, l’asma è prevalentemente allergica e la condizione atopica, ovvero la predisposizione genetica a rispondere ad antigeni ambientali (allergeni) con alta produzione di Immunoglobuline di classe IgE è sicuramente un importante determinante della funzione e dello sviluppo delle vie aeree e un importante, se non il più importante, fattore di rischio per l’asma 65. Ormai del meccanismo immunologico che sottende la sensibilizzazione allergica sappiamo molto e proprio attraverso la conoscenza dettagliata della tempesta immunologica allergica e delle vie infiammatorie coinvolte abbiamo elaborato strategie più sofisticate per bloccare la cascata infiammatoria con l’impiego degli anticorpi monoclonali diretti verso i componenti chiave della infiammazione e per individuare attraverso specifici marker biologici i pazienti meritevoli di trattamento.

Nell’ asma allergico IgE-mediato, quindi su base atopica, l’allergene viene intercettato e internalizzato dalle Cellule Dendritiche (DC) specializzate presenti sulla superficie mucosa, che poi migrano nella sottomucosa verso i linfonodi locali drenanti, dove attivano le cellule T CD4+ naïve a differenziarsi in cellule Th2 mature. Da qui i Th2 migrano nei tessuti lesi/infiammati dove contribuiscono ad aumentare e mantenere l’infiammazione con la secrezione di numerose citochine effettrici tra cui IL-4, IL-5 e IL-13 66. Nel corso dell’ultimo decennio sono emersi due importantissimi concetti che hanno ben integrato le nostre conoscenze sulla patogenesi (e quindi la terapia!) dell’asma. La prima considerazione è la lesione del tessuto polmonare, che, insieme all’atopia, è emersa come una componente essenziale dell’innesco infiammatorio, tanto che ora si è enfatizzato il concetto definendo l’asma come una malattia causata da difetti di barriera epiteliale 67. Ovviamente non è solo il difetto di membrana a innescare l’asma, ma certamente ne è componente fondamentale anche perché ormai sappiamo bene che le cellule epiteliali sono a tutto diritto da considerarsi cellule immunologicamente attive e parte portante dell'immunità naturale in genere e del polmone per quanto riguarda l’asma e la rinite 68. Le cellule epiteliali danneggiate o stimolate da citochine producono chemochine e citochine (le allarmine) che di fatto danno l’innesco all'orchestrazione immunologica della risposta infiammatoria 69. Il secondo nuovo concetto emerso di recente riguarda il riconoscimento di una nuova linea cellulare linfoide che – a differenza dei linfociti – è residente nel tessuto polmonare e, pur essendo sia strutturalmente che funzionalmente molto simile ai linfociti, è tra i maggiori protagonisti delle difese innate del polmone: queste cellule sono state perciò denominate Cellule Linfoidi Innate (ILC) 70.

A loro volta le ILC contemplano diverse sottopopolazioni: le ILC1, per molti versi analoghe ai linfociti Th1, secernono IFN-γ e TNF-α ponendosi quindi, insieme alle cellule NK come punto di forza per la difesa dai patogeni intracellulari 71. Le ILC2 sono a loro volta simili nel comportamento ai Th2 e ne sinergizzano l’azione producendo preferenzialmente citochine di tipo 2 (come IL-4, IL-5 e IL-13) 71, ed entrano quindi in gioco sia nella difesa del polmone da parassiti e patogeni extracellulari che nella risposta allergica. Inoltre giocano un ruolo importante nel riparo dei tessuti dopo infiammazione 71,72. L’attività ILC2s è stimolata da IL-33, IL-25, linfopoietina stromale timica (TSLP) e in generale dalle allarmine prodotte dall’epitelio delle vie aeree 69,73.

Le cellule ILC3 hanno una funzione ancora da chiarire pienamente; una volta stimolate, hanno un profilo di risposta simile alla risposta Th17, producendo grandi quantità di IL-17, IL-22 e GM-CSF 74. È interessante sapere che queste sottopopolazioni di ILCs possono differenziarsi una nell’altra sotto stimolo citochinico: ad esempio ILC2s possono differenziarsi in ILC3 o in ILC1 75. Si è visto che quando si instaura un'infezione batterica virale, si attiva un fattore trascrizionale (STAT-1) che fa shiftare le ILC2 e le ILC3 a ILC1 con soppressione della risposta originaria 76.

Ma tornando all’asma allergico integrato da queste due importanti acquisizioni; alla luce di questi chiarimenti possiamo ora vedere l’epitelio respiratorio come un hub per orchestrare la risposta immunitaria: a seguito del contatto tra l’allergene e le cellule dendritiche (CD), le cellule epiteliali rilasciano le allarmine (principalmente IL-33, IL-25 e TSLP) che attivano appunto le ILC2 e le stimolano a produrre citochine di tipo 2 (IL-4, IL-5, IL-12, IL-33, ecc.) in sinergia con quelle prodotte dai Th2 68. Attraverso questi meccanismi si amplifica il reclutamento e l’attivazione di granulociti, inclusi eosinofili, mastociti e basofili. La tempesta infiammatoria ovviamente fa sì che le cellule Th2 e ILC2 possano interagire direttamente e reciprocamente attivarsi, promuovendo così la reciproca espansione 69. In particolare è stata ultimamente molto enfatizzata la IL-33 perché sembra giocare un ruolo preminente nella patogenesi dell’asma, anche perché particolarmente abbondante, essendo prodotta non solo da cellule immunitarie (soprattutto macrofagi, DC, cellule epiteliali ed endoteliali) ma anche da fibroblasti, osteoblasti, dalle cellule muscolari lisce e da adipociti 77,78. Molti di questi componenti chiave della cascata infiammatoria si sono rivelati eccellenti marker predittivi di risposta alla terapia con biologici nell’asma grave e non possiamo dimenticare che anche questi marcatori possono subire interferenze per influenze ormonali e ambientali 79,80. Ad esempio, diverse linee cellulari, come le cellule mieloidi e i linfociti, esprimono recettori per estrogeni, progesterone e androgeni (testosterone, diidrotestosterone e androstenedione) e sono passibili di pesanti interferenze che ne influenzano intensità ed efficienza nella partecipazione alle risposte immunitarie sia innate che adattative 81. Hepworth et al., hanno studiato gli effetti degli ormoni sessuali sulle popolazioni Th2 e sulle cellule ILC2, durante l’infezione da elminti in modelli murini. L’estradiolo femminile sembra aumentare le risposte Th2 in vitro ma non in vivo; il testosterone maschile sembra sopprimere la risposta delle cellule T alla stimolazione da parte delle DC; inoltre – e questo è il dato più significativo – sia le risposte immunitarie che la clearance di Trichuris muris vengono ripristinate dopo la castrazione 82. Il metabolita attivo del testosterone è il diidrotestosterone che si lega irreversibilmente al recettore degli androgeni (AR) 83. I recettori AR sono espressi non solo da neutrofili e macrofagi, ma anche dalle cellule ILC2. L’ingaggio di questi recettori da parte del diidrotestosterone riduce la reattività – e quindi l’espansione clonale – delle ILC2 indotta dall’IL-33 e attenua così l’infiammazione polmonare 84,85. Queste recenti segnalazioni forniscono una buona spiegazione del potenziale ruolo protettivo sull’asma allergico svolto dagli androgeni dopo la pubertà. In quest'ottica l’adolescenza potrebbe essere una finestra di opportunità da studiare per avere nuove possibilità terapeutiche nell’asma di nuova insorgenza o per un più corretto management dell’asma insorta in epoca infantile. Ci si è chiesti se questo assetto potesse essere in qualche modo alterato nel corso dell’adolescenza.

Le influenze neuro-ormonali

Lo studio dello sviluppo del sistema immunitario in età prenatale e neonatale è proseguito anche in adolescenza ma con risultati deludenti. Qualunque ricerca in adolescenza è difficile, a maggior ragione il tentativo di valutare gli effetti di pubertà e adolescenza sul sistema immunitario e non sorprende che i risultati degli studi condotti siano variabili, spesso vaghi e a volte conflittuali in quanto variano le popolazioni studiate per età, sesso, provenienza geografia, diverso assetto genetico, diverso setting ambientale, diverse abitudini alimentari, differenti condizioni di salute (soggetti sani e con asma di diversa gravità). Anche restringendo gli studi alla sola adolescenza, non si raggiunge uniformità perché spesso i termini “adolescenza” e “pubertà” vengono usati in modo intercambiabile, anche se pubertà e adolescenza delineano due processi distinti.

Il termine pubertà si riferisce alla maturazione del solo sistema riproduttivo; il termine adolescenza si riferisce alla maturazione del comportamento sociale e cognitivo insieme a quella del sistema riproduttivo 86. Nell’uomo, l’adolescenza si estende dai 12 ai 18 anni di età 87, con ampie variazioni nelle tempistiche dei singoli step di maturazione che hanno tempi e velocità di realizzazione diversi sia a livello individuale, che di popolazione 88. Generalizzando, le ragazze hanno mediamente un periodo puberale leggermente anticipato rispetto ai ragazzi, che inizia intorno ai 10-11 anni e continua fino ai 15-16 anni mentre nei maschi inizia e si conclude circa 2 anni dopo, dai 12 anni fino ai 16-18 anni 87. Questa differenza è tutt’altro che da sottovalutare perché, come si è già visto, i cambiamenti ormonali che comporta possono incidere sulla maturazione dell’immunità oltre che condizionare variazioni di comportamenti, di abitudini e di frequentazioni che a loro volta influiscono sul buon funzionamento del sistema immune 88. Se noi immaginiamo il sistema immunitario come una sorta di sistema sensoriale che deve adattarsi alle condizioni ambientali e rispondere agli stimoli esterni e interni (stato di salute/malattia), ne risulta facilmente comprensibile il nesso 89-91. Ben sappiamo come le condizioni sociali e ambientali che includono fattori socioeconomici, demografici, ambientali e culturali, insieme alla facilità di accesso all’assistenza sanitaria incidano sullo stato di salute, espressione peraltro delle condizioni immunologiche individuali 89,91,92. Abbiamo accumulato ormai una sostanziosa mole di dati epidemiologici che suggeriscono come determinanti sociodemografici, ambientali e assistenziali come quantità di antigeni inalati, infezioni, vaccinazioni e abitudini comportamentali, che nel loro insieme costituiscono quello che viene detto per semplicità “esposoma”, siano in grado di influenzare numero e funzione delle cellule del sistema immunitario, in particolare della componente innata 89,93-95. Il meccanismo fisiopatologico sotteso non è chiaro, ma probabilmente lo stress gioca un ruolo chiave e le condizioni socioeconomiche avverse con la conseguente esposizione a circostanze stressanti possono essere un innesco dell’infiammazione. In altre parole, lo stress crea un ambiente proinfiammatorio che da un canto favorisce l’innesco della cascata infiammatoria e dall’altro ne potenzia l’intensità e ridondanza 96-98. D’altro canto ben sappiamo che ogni stress, soprattutto se prolungato influisce anche sul comportamento e alcuni dati indiretti sembrano suggerire che alla base ci possa essere un meccanismo neuro-immune 99,100. La potatura sinaptica, la crescita dei neuriti e il rilascio di neurotrasmettitori durante l’adolescenza regolano e sono regolati probabilmente da segnali immunitari, in gran parte ancora da chiarire 100. Un ruolo importante potrebbe giocare la barriera ematoencefalica (BEE), che in età adolescenziale sembrerebbe consentire un accesso differenziale a diverse citochine 100. Ma sono tutti dati indiretti e circostanziali che ci danno spiegazioni frammentarie e soltanto indicative delle potenziali e reciproche influenze tra citochine e funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) 101-103. È sorprendente realizzare quanto poco si sappia sulla funzione BEE durante l’adolescenza; comprenderlo migliorerà la nostra precisione nella terapia e aprirà forse nuove prospettive, così come fino a ora è accaduto per gli anticorpi monoclonali: a partire da quelli diretti contro le IgE, siamo arrivati a usare ampiamente quelli diretti contro IL-4, IL-13, IL-33 e altre citochine coinvolte nelle diverse vie infiammatorie. C’è ampio spazio per introdurre e potenziare la Specific Gender Medicine, per lo meno a partire dall’adolescenza 104.

L’obesità

Secondo i dati della WHO nel 2016 oltre 340 milioni di bambini e adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni erano in sovrappeso o obesi. La prevalenza di sovrappeso e obesità tra i bambini e gli adolescenti è più che quadruplicata, passando da appena il 4% nel 1975 a poco più del 18% nel 2016 105. L’aumento si è verificato in modo simile sia tra i ragazzi che tra le ragazze: nel 2016 il 18% delle ragazze e 19% dei ragazzi era in sovrappeso/obeso e anche limitando i numeri alla sola obesità, poco meno dell’1% era obeso nel 1975, mentre più di 124 milioni (6% delle ragazze e 8% dei ragazzi) lo erano nel 2016 105. Dal 2016 a oggi il trend di aumento si è mantenuto per cui i numeri sono destinati a un ulteriore incremento nel prossimo decennio se non verranno intraprese azioni concrete (Tab. I).

Addirittura le persone sovrappeso oggi nel mondo sono più numerose di quelle sottopeso (con l’eccezione di minuscole regioni dell’Africa subsahariana e dell’Asia) e questo è molto preoccupante se si pensa che sovrappeso e obesità sono correlati in tutto il mondo a una maggior mortalità rispetto al sottopeso 106.

In Italia la situazione è analoga: oltre 25 milioni di persone (il 46% della popolazione) presenta un eccesso di peso; limitandosi alla fascia di età dell’infanzia/adolescenza, il 26,3% degli individui tra i 3 e i 17 anni (circa 2 milioni e 200mila persone) è sovrappeso 107. Una tendenza in costante crescita anche nel nostro paese, con un incremento di incidenza del 30% nell’ultimo trentennio. Sono alcuni dei dati che emergono dall’Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, la quarta edizione dell’Italian Obesity Barometer Report realizzato in collaborazione con Istat tra maggio e settembre 2022. In Italia, la prevalenza di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda 1 minore su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento (23 milioni) tra le persone di 18 anni e oltre, quasi 18 milioni in sovrappeso (35,5%) e oltre 5 milioni con obesità (10,5%). L’obesità in età adolescenziale (dai 10 ai 19 anni di età) è associata una maggior morbilità: le patologie più frequenti sono prediabete e diabete tipo 2, steatosi epatica non alcolica, dislipidemia, sindrome dell’ovaio policistico, apnea ostruttiva del sonno, compromissione della salute mentale/disturbi del comportamento e stigma sociale 108. Inoltre, l’obesità è un fattore di rischio per complicanze e morte soprattutto per malattia coronarica in adolescenza, ma nel giovane adulto e in età matura è associata ad aumentata mortalità per qualsiasi causa 109. Ma l’obesità rappresenta anche una importantissima comorbidità dell’asma tanto che recentemente l’asma nel paziente obeso è stata identificata come uno specifico endotipo di asma 110. Peraltro le due malattie sono accomunate da una simile patogenesi, ovvero l’infiammazione anche se nell’asma si estrinseca a livello respiratorio, mentre nell’obesità è una caratteristica sistemica. Tutti i pazienti obesi mostrano un certo grado di infiammazione cronica, lieve e subclinica che è stata definita meta-infiammazione ed è rilevabile anche con marcatori biologici come ad esempio un aumento della proteina C e un incremento dei valori degli eosinifili nell’espettorato rispetto ai pazienti con asma ma non obesi 108,111.

La condizione sistemica di infiammazione contribuisce in modo massiccio all’infiammazione cronica delle vie aeree che porta alla ridotta funzionalità polmonare con facili riacutizzazioni e scarso controllo dell’asma.

Negli ultimi anni la mole di dati che si è accumulata è consistente e consente di tracciare un percorso patogenetico che spiega le caratteristiche fenotipiche di questo endotipo particolare di asma, peraltro così frequente proprio in adolescenza. Come sempre quando due patologie sono così strettamente correlate, viene da chiedersi quale sia l’influenza reciproca e quale sia il primum movens: l’asma causa l’obesità o l’obesità aumenta il rischio di asma? I dati in favore dell’una o dell’altra ipotesi sono numerosi; tra questi meritano di essere segnalati quelli originati dalla coorte di Tucson, seguita longitudinalmente per molti decenni. Un primo studio osservava che tra i bambini asmatici obesi, l’asma tendeva a persistere in età adulta, ma anche che i bambini sovrappeso non asmatici avevano un rischio maggiore di sviluppare asma in età post-puberale 112. In seguito è stato dimostrato che le femmine obese in gravidanza e i padri obesi in età puberale avevano maggior probabilità di avere figli asmatici 113. Ma è stato anche visto più recentemente e sempre in studi longitudinali che può verificarsi anche l’inverso ovvero che sia l’asma il fattore predisponente l’obesità 114. Chen et al. hanno studiato una coorte di oltre 2000 bambini per 10 anni, dalle elementari al compimento delle scuole superiori, escludendo dall’analisi i bambini già obesi all’inizio del periodo di osservazione e hanno osservato che i bambini con asma avevano più che raddoppiato la probabilità di diventare sovrappeso/obesi 115.

Una recente messa a punto del problema è stata pubblicata da Miethe et al. che hanno identificato sostanzialmente 3 fattori patogenetici che contribuiscono allo sviluppo di questo endotipo/fenotipo di asma tendenzialmente grave: l’impedimento meccanico, il fattore immunologico che sottende l’infiammazione ipossica e quello metabolico/endocrino con la produzione di adipochine 110,116 (Fig. 4). La componente meccanica è la più intuibile: l’obesità, infatti, riduce la compliance del sistema respiratorio, il volume polmonare e il calibro delle vie aeree 117. La componente metabolico/endocrina è assai complessa e si lega e interagisce con quella immunologica.

Come ormai è acclarato, il tessuto adiposo rappresenta un organo endocrino che produce attivamente diversi ormoni che regolano anche il metabolismo e l’infiammazione: tra questi i più rilevanti sono leptina e resistina, i cui livelli aumentano con l’aumentare del BMI, e l’adiponectina che invece diminuisce la sua concentrazione 118. La leptina viene prodotta in proporzione alla massa degli adipociti e funge da fattore chemiotattico per i neutrofili, induce la produzione di specie reattive dell’ossigeno, attiva cellule NK e i macrofagi e aumenta la produzione di citochine Th1, tra cui IL-6, IFN-γ e un fattore chemotattico per i monociti 1 (MCP-1) 119. Aumentano così i monociti residenti sia a livello polmonare che nel tessuto adiposo (ma anche i circolanti) e aumenta quindi ulteriormente la produzione di diverse citochine infiammatorie dal profilo Th1 con massiccio incremento della concentrazione di monociti/macrofagi M1: è stato osservato che con il progressivo accumulo di grasso, questa popolazione cellulare aumenta dal 4 al 12% con conseguente grande ridondanza dell'infiammazione 111,120. Peraltro la leptina attiva anche le cellule ILC2 e ILC3 per cui il quadro infiammatorio che ne deriva a livello polmonare può assumere connotazioni tanto T1 che T2 con marcato aumento della iperreattività bronchiale legata all’aumento della IL-17 e possibile infiltrazione bronchiale neutrofila con polarizzazione Th1 della risposta immunitaria che complica la situazione di base 111; peraltro livelli più elevati di leptina sembrano essere associati a un aumento del rischio di sviluppo di asma soprattutto tra i ragazzi atopici 121. E allora ritorniamo alla domanda iniziale: l’asma causa l’obesità o l’obesità aumenta il rischio di asma? Tenta di rispondere una metanalisi pubblicata da Shan et al. nel 2020 e in seguito ripresa e confermata da numerosi altri studi 122.

La metanalisi cerca di far chiarezza tra la gran mole di dati in letteratura sul rischio di asma tra bambini e adolescenti obesi da un canto e dall’altro sul rischio di obesità tra bambini e adolescenti con asma.

I risultati hanno confermato l’esistenza di un’associazione bidirezionale tra obesità e asma: l’obesità infantile comporta un rischio relativo (RR) di asma pari a 1.39 (1,28-1,50) e reciprocamente l’asma precoce comporta un RR di obesità pari a 1,47 (1,25-1,72) ed entrambi impattano negativamente sull’attività fisica 122. Questi dati confermano un robusto studio precedente su 1362 adolescenti di età compresa tra 10 e 19 anni che ha messo in relazione massa corporea e gravità dell’asma. Gli adolescenti con eccesso di adiposità addominale, misurata come WHtR (Waist-to-height Ratio) mostravano un rischio 1,24 volte maggiore di avere l’asma rispetto agli adolescenti non obesi, ma tra quelli classificati come gravemente obesi tramite il BMI-Z (Body Mass Index for age), il rischio di sviluppare asma saliva a 1,8 e quello di presentare asma grave triplicava 123.

Sulla base di queste osservazioni, nel protocollo di follow up degli asmatici sono rigorosamente previste le misurazioni dell’BMI e il tempestivo intervento qualora se ne evidenzi l’accenno all’aumento. Le raccomandazioni di consenso per la valutazione, il trattamento e la prevenzione dell’obesità sono approvate dalla Pediatric Endocrine Society e dall'European Society of Endocrinology 124. L’American Academy of Pediatrics ha recentemente (gennaio 2023) pubblicato linee guida sulla pratica clinica che sottolineano la necessità di approcciare adeguatamente il problema dell’obesità, prevedendo almeno 26 ore – o più – di consultazione per discutere il comportamento salutare e i cambiamenti dello stile di vita e la prescrizione dei presidi farmacologici più indicati per l’obesità in quel particolare individuo/età/contesto di familiarità 125. L’approccio deve prendere l’avvio immediatamente, al riscontro documentato di obesità; ovviamente queste indicazioni divengono ancora più urgenti e stringenti qualora siano presenti comorbidità, come l’asma 126.

L’abuso di sostanze

L’adolescenza è un periodo critico in cui i rischi associati all’uso – e alla dipendenza – di sostanze sono particolarmente elevati: ad esempio l’abitudine del fumo si instaura tipicamente durante l’adolescenza e la maggior parte dei fumatori ha fumato la prima sigaretta o ne era già dipendente quando ha compiuto 18 anni. Rispetto agli adulti, i giovani richiedono meno sigarette e meno tempo per instaurare una dipendenza da nicotina. L’ultimo studio HBSC (Health Behavior in School-aged Children 2018), incentrato sulla salute e il benessere degli adolescenti in Italia, ha rivelato che il tasso di giovani che ha sperimentato il fumo di sigaretta è preoccupante, in particolare tra i quindicenni 126. In questa fascia di età, il 18% degli adolescenti riferisce di aver fumato almeno una sigaretta negli ultimi 30 giorni e quasi 1 su 3 dichiara di aver provato a fumare. Nonostante le campagne educative sul fumo e alcuni piccoli ma incoraggianti segni di miglioramento nei comportamenti degli adolescenti che fumano sigarette, i risultati evidenziano tendenze preoccupanti perché il rapporto segnala che siamo ancora ben lontani dall'aver raggiunto gli obiettivi, anzi: già all’età di 11 anni, il 5% dei ragazzi e il 2% delle ragazze hanno provato a fumare una sigaretta e questa percentuale sale al 29% dei ragazzi e al 27% delle ragazze all’età di 15 anni. I tassi cumulativi di fumo di sigaretta sono simili nei ragazzi e nelle ragazze di tutte le età 127. Per quanto riguarda i rapporti con l’asma, sorprendentemente i risultati di diversi studi suggeriscono una bidirezionalità della relazione tra asma e fumo: da un lato vi è l’atteso, ovvero che il fumo aumenta il rischio di sviluppare asma e sintomi di asma ma dall’altro è stato osservato che paradossalmente l’asma favorisce lo sviluppo del comportamento del fumo. Infatti, anche se la diagnosi di asma sembra rendere gli adolescenti riluttanti a iniziare a fumare, una volta provato, sembrano passare più velocemente ad abitudini di fumo più persistenti e regolari. Una simile associazione è stata riscontrata con la gravità dei sintomi: gli adolescenti che manifestavano più sintomi al basale avevano un rischio maggiore di diventare fumatori regolari 127. Il paradosso potrebbe essere spiegato dagli effetti benefici a breve termine del fumo. Studi sperimentali su topi in cui l’asma è stata indotta prima dell’esposizione al fumo, hanno chiarito che il fumo di sigaretta esercita effetti antinfiammatori a breve termine sull’infiammazione allergica 128-130. L’azione antinfiammatoria a breve termine potrebbe essere riconducibile ad alcune componenti del fumo di sigaretta, come il monossido di carbonio, l’ossido nitrico e la nicotina 129. Questi stessi risultati sono stati confermati anche nell’uomo 131. È stato peraltro ipotizzato anche che la stessa presenza di asma renda gli adolescenti più suscettibili a sviluppare dipendenza da nicotina, in analogia con la BPCO, in cui è stato osservato che la dipendenza dalla nicotina è maggiore tra i pazienti con BPCO rispetto ai fumatori sani 131. Sicuramente il fumo è un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo dei sintomi dell’asma, per la perdita della funzione polmonare e le riacutizzazioni asmatiche 132-134. I meccanismi attraverso cui il fumo danneggia l’apparato respiratorio sono molteplici e ben noti, ma il danno di base è causato dal lento e progressivo aumento dell’infiammazione delle piccole vie aeree con abbondante richiamo di neutrofili e macrofagi, iperreattività delle vie aeree e in ultima analisi, ostruzione del flusso aereo 135,136. Tutto questo rende i pazienti fumatori con asma resistenti alla terapia, con una ridotta risposta ai corticosteroidi inalatori 137. L’effetto del fumo sui polmoni asmatici sembra anche aumentare lo sviluppo di caratteristiche tipiche della BPCO e c’è un crescente interesse su una sindrome da sovrapposizione asma-BPCO 138. Il documento GINA sottolinea la critica importanza di identificare i fattori di rischio modificabili come il fumo e stimola quindi gli operatori sanitari a incoraggiare i fumatori, soprattutto adolescenti, a smettere di fumare, reiterando le richieste a ogni visita, anche ricorrendo a figure professionali specifiche tra le risorse disponibili 1.

L’esercizio fisico

Il problema dell’esercizio fisico è già di per sé cruciale nell’asma, lo è nell’adolescenza e a maggior ragione lo è nell’adolescente asmatico. L’esercizio come fattore scatenante la difficoltà respiratoria è da tempo riconosciuto, con la prima descrizione fornita nel I secolo da Areteo di Cappadocia (81-138 d.C.), che scriveva: “Se dalla corsa, dagli esercizi ginnici o da qualsiasi altro lavoro, la respirazione diventa difficile, si chiama asma”. Da sempre la dispnea o il respiro sibilante durante lo sforzo sono considerati una delle prime indicazioni cliniche di asma nei bambini e negli adolescenti e una caratteristica distintiva dell’asma non controllato negli adulti 139. Per lungo tempo in passato si è quindi considerato l’esercizio fisico come un trigger di asma, ma poiché ora è anche chiaro che l’inattività fisica è già di per sé una vera e propria causa di malattia cronica, oggi la capacità di svolgere un regolare esercizio fisico e condurre uno stile di vita attivo è considerato un requisito fondamentale per il mantenimento della salute 140. L’esercizio fisico regolare – non competitivo – modula le risposte infiammatorie e immunitarie ed è associato a un migliore controllo dell’asma, della funzionalità polmonare e in generale a una migliore qualità della vita 141-143. Nonostante questa consapevolezza anche gli studi più recenti testimoniano che le persone con asma tipicamente si impegnano in livelli inferiori di attività fisica rispetto ai coetanei sani 141. Il documento GINA proprio perché elabora e suggerisce strategie basate sull’evidenza per la gestione e la prevenzione dell’asma, sostiene con forza l’attività fisica regolare per le persone con asma 1. Nonostante questa raccomandazione venga reiterata in ogni edizione anno dopo anno, non sono mai state aggiunte indicazioni precise e differenziate – per mancanza di consenso – per quanto riguarda la frequenza ottimale, l’intensità, il tempo e il tipo di attività da intraprendere in base ai sottotipi e alla gravità dell’asma. In effetti sarebbe difficile altrimenti perché l’asma è una condizione complessa ed eterogenea, per endotipi di malattia, sesso ed età di insorgenza e perciò risponde in modo diverso e mutevole alla terapia e alla stessa gestione 144,145. In altre parole, come si tende ormai a personalizzare la terapia farmacologica, è necessario personalizzare anche i profili di esercizio e attività fisica nei soggetti con asma, considerando l’attività fisica alla stregua di farmaco in grado di promuovere uno sviluppo sano nell’adolescenza. I benefici per la salute derivanti dalla regolare attività fisica nell’adolescenza sono innumerevoli: l’ottimizzazione della forza e della flessibilità muscolare, il mantenimento del peso ideale, il raggiungimento del picco di massa ossea, lo sviluppo e il potenziamento della salute cardiovascolare, della consapevolezza neuromuscolare (propriocezione), il miglioramento cognitivo, del comportamento sociale e della salute mentale, dell’umore, del sonno, del rendimento scolastico, e globalmente il raggiungimento della condizione di benessere 146.

In questa ottica sarebbe importante riuscire a stabilire quale è mediamente il livello di esercizio che ottiene questi risultati, senza scatenare una recidiva d’asma. L’interesse si è quindi focalizzato sullo studio della capacità funzionale e di esercizio, ovvero sulla capacità del sistema cardiorespiratorio e muscoloscheletrico rispettivamente di fornire e utilizzare ossigeno e anche solo nell’ultimo triennio sono comparsi numerosi studi osservazionali che li hanno valutati in bambini e adolescenti con asma 147-152. Nel loro complesso, gli studi concordano nel confermare che il grado di limitazione del flusso aereo non sembra avere un impatto diretto sulla capacità di esercizio, mentre i bassi livelli di esercizio e di capacità funzionale, comune rilievo nelle persone con asma, sembrano essere invece correlati, almeno in parte, al controllo dell’asma, alla massa corporea (ovvero sovrappeso o obesità) e/o al decondizionamento fisico 153-165. Inoltre è stato osservato che l’allenamento aerobico di intensità moderata si accompagna a un significativo e importante aumento delle citochine ad attività antinfiammatoria (IL-1ra, IL-10) e antifibrotica (relaxina) e una contestuale e significativa riduzione dei livelli di citochine pro-infiammatorie (IL-4, IL-6, IL-5) nel condensato espirato di adulti con asma intermittente e lieve, dimostrando così che l’esercizio aerobico di intensità moderata può effettivamente influire sui mediatori dell’infiammazione cronica e sul rimodellamento delle vie aeree 166. L’OMS suggerisce attualmente che i bambini e gli adolescenti di età compresa tra 5 e 17 anni dovrebbero arrivare a completare almeno 60 minuti di attività fisica da moderata a intensa (MVPA) in media al giorno, mentre gli adulti dovrebbero impegnarsi almeno per 150-300 minuti di MVPA (o 75-150 min di attività intensa) in media a settimana 167. L’esercizio fisico è quindi entrato prepotentemente tra le strategie aggiuntive utili alla gestione dell’asma e dovrebbe essere promosso non solo dai centri specialistici ma anche dai medici di comunità. È infatti fondamentale che famiglie, bambini e adolescenti con asma siano correttamente istruiti e ricevano analoghi messaggi di rassicurazione in merito al fatto che i benefici per la salute dovuti all’esercizio fisico superino i rischi – peraltro relativamente bassi – di attacchi asmatici da sforzo. E proprio in questa ottica e per raggiungere questi obiettivi è altrettanto importante che vengano sviluppate linee guida basate sull’evidenza per consentire a tecnici e operatori sanitari di fornire istruzioni e prescrizioni personalizzate non solo per i farmaci, ma anche per la promozione dell’attività fisica, cercando di conciliare esigenze e gusti legati all’età e al sesso con le necessità dettate dal fenotipo ed endotipo dell’asma. Solo così, attraverso messaggi univoci e autorevoli, si può aspirare a ottenere un cambiamento duraturo delle abitudini sull’attività fisica degli adolescenti asmatici.

In conclusione dunque è possibile vedere l’asma come risultante delle diverse possibili associazioni combinatorie tra tre componenti fondamentali che profilano il fenotipo clinico e le caratteristiche infiammatorie peculiari dell’asma dell’adolescente/giovane adulto: una componente patogenetica atopica (in gran parte geneticamente determinata), una componente di genere (con differenze anatomiche e ormonali) che diviene particolarmente rilevante a partire dall’inizio della pubertà e una componente ambientale/comportamentale in cui si riconoscono sia il cosiddetto esposoma, ovvero l’insieme di potenziali trigger di asma che sono almeno in parte modificabili (inquinamento ed esposizione allergenica) e i differenti stili di vita (esposizione al fumo e obesità). Tutto ciò contribuisce alla diversa differenziazione, funzionale e morfologica, delle vie aeree nell’arco della vita, che si verificano ma in modi diversi e con diverso timing nelle varie finestre di età critiche come l’adolescenza.

I comportamenti e lo sviluppo del SNC

Abbiamo già visto come ogni problema di salute divenga critico in adolescenza e come ogni messaggio e ogni intervento terapeutico si scontri con la difficoltà a rapportarsi con questi ragazzi in modo autorevole e colloquiale. La “criticità” dell’adolescenza è ben espressa dalle opinioni più famose elencate in Figura 5 che testimoniano come sia rimasta invariata a dispetto del mutare dei tempi e delle mode sociali. Come si è già accennato, l’adolescenza è caratterizzata da drammatici cambiamenti biologici, psicologici e comportamentali e da un importante neurosviluppo strutturale e funzionale che porta alla formazione e individuazione dell’identità, a maggiore indipendenza e responsabilità, maggiore rilevanza del sociale, interazioni tra pari e interessi romantici, e aumento del comportamento esplorativo 168. La potatura neurale, la mielinizzazione e la maturazione dei circuiti neurali continuano e sostanzialmente si concludono in adolescenza 169, sotto la regolazione dei sistemi glutamatergico e GABAergico, che sono regolatori chiave dell’equilibrio eccitazione-inibizione nel cervello 170,171. Tuttavia di fatto molto resta da chiarire sulla maturazione del cervello durante l’adolescenza, e dobbiamo limitarci a esaminare brevemente i cambiamenti ben documentati e per i quali c’è un ragionevole consenso.

  1. Il volume totale del cervello raggiunge il picco nella prima/metà adolescenza e successivamente diminuisce. Si ritiene che questo declino sia il risultato della potatura neurale in corso, che alla fine riduce il volume della materia grigia. L’età media in cui il volume totale del cervello diminuisce avviene 4 anni più tardi nei maschi rispetto alle femmine. Il “punto di deviazione” della crescente differenza nel volume totale del cervello tra maschi e femmine è probabilmente il risultato del successivo declino del volume della materia grigia nei maschi e del continuo aumento dei volumi della materia bianca che è aumentata nei maschi rispetto alle femmine 172.
  2. Il volume totale della materia grigia raggiunge il picco nella prima adolescenza e successivamente diminuisce. L’assottigliamento della materia grigia corticale è più pronunciato nei maschi ed è riconducibile all’aumento esponenziale dei livelli di testosterone nei maschi, che mostra una correlazione positiva con l’assottigliamento corticale. Nelle femmine invece l’aumento esponenziale dell’estradiolo ha una correlazione inversa con l’assottigliamento corticale 173. Anche per quanto riguarda la maturazione della materia grigia ci sono differenze di genere delle strutture sottocorticali. I volumi dell’amigdala e del talamo sono più piccoli nelle femmine adolescenti e diminuiscono ulteriormente durante l’adolescenza solo nelle femmine, mentre i volumi della materia grigia dei gangli della base e dell’ippocampo sono più piccoli nei maschi e diminuiscono solo nei maschi. Si ritiene che queste differenze anatomiche possano avere rilevanza clinica nei disturbi della salute mentale “gender-related” che coinvolgono queste strutture, come ad esempio i disturbi della sfera affettiva (disturbi dell’umore, ansia in cui notoriamente è implicata l’amigdala) che aumentano di frequenza nelle donne verso la tarda adolescenza e oltre 174-176.
  3. Il volume totale della materia bianca aumenta durante l’infanzia e continua ad aumentare durante l’adolescenza. L’aumento del volume della sostanza bianca durante l’adolescenza è maggiore nei maschi rispetto alle femmine. Si pensa che questo sia potenzialmente il risultato di cambiamenti correlati al testosterone negli assoni mielinizzati, che si verificano prevalentemente nei maschi 172,177.
  4. La microstruttura della materia bianca mostra una crescente maturazione organizzativa durante l’adolescenza e una crescente densità di mielinizzazione 172.

Si organizzano così reti neurali di ordine superiore sempre più fitte soprattutto a livello frontale e la maturazione funzionale continua fino a o dopo la tarda adolescenza 178. L’interessamento prevalentemente frontale può in parte spiegare le ampie variazioni di comportamento osservate in questa fascia di età. L’adolescenza è, quindi, una “finestra organizzativa” critica durante la quale il SNC si sviluppa in modo definitivo e i cambiamenti che si verificano in questa fase determineranno il comportamento per il resto della propria vita, anche se molti degli atteggiamenti propri di questa fase scompariranno con la maturità.

Gli adolescenti sono facilmente travolti da situazioni stressanti, e, non avendo ancora sviluppato un adeguato autocontrollo, dimostrano grande difficoltà a svolgere compiti che comportino l’inibizione di comportamenti impulsivi o a mantenere attenzione continua, giustificando ampiamente il luogo comune per cui “reagiscono prima e pensano dopo” 179. Questo atteggiamento comporta una inconscia selezione verso quelle attività che offrono una ricompensa immediata, anche se rischiose, perché sembrano essere più attraenti e facilmente gratificanti rispetto a impegni che offrono ricompense a lungo termine 180. Gli adolescenti tendono a sostenere le loro opinioni o azioni senza prestare attenzione o rimanendo indifferenti a ogni contro argomentazione anche logica degli adulti e dei genitori, la cosiddetta “sordità adolescenziale”, ed è parte dell’egocentrismo che pur presente di tutte le fasi principali dello sviluppo cognitivo, si esaspera nell’adolescenza 181. Il substrato immaginario (ben sostenuto adesso e forse ipertrofizzato dai rapporti con i social) che lo sottende ha due scenari principali: la creazione di un pubblico immaginario, la cui attenzione è rivolta verso loro stessi; e la costruzione di una favola/storia personale basata solo sul proprio vissuto (sentimenti ed esperienze) percepito come unico, speciale, diverso da quelli di ogni altro individuo 181. Da qui i comportamenti tipici degli adolescenti, come l’essere eccessivamente preoccupati per i giudizi dei pari e l’indifferenza, la scarsa attenzione verso le opinioni e le esperienze di vita delle persone adulte, la tendenza a sviluppare un certo grado di paranoia, la predilezione per i comportamenti rischiosi e la sensazione di onnipotenza e invulnerabilità o al contrario di estrema fragilità 181. Nell’adolescente con asma, vanno considerati anche gli atteggiamenti derivanti dalla malattia cronica: ad esempio la depressione è molto più frequente tra i ragazzi con malattia cronica rispetto ai coetanei sani e questo vale a maggior ragione per l’asma in cui spesso sintomi ed esacerbazioni imprevedibili e regimi di cura quotidiani e complessi vengono vissuti come limitazioni alle attività o come restrizioni e impedimenti alle relazioni sociali 182. Poiché la malattia cronica e la depressione contribuiscono in modo indipendente alle percentuali più alte di anni vissuti con disabilità, e sono associati a peggiori esiti clinici, gli adolescenti con malattia cronica e concomitante depressione sono doppiamente svantaggiati, e i sintomi depressivi possono esacerbare i problemi secondari alla malattia cronica e contribuire a peggiorare la qualità della vita 183-185. Il Global Burden of Disease (GBD), uno studio sull’asma in età pediatrica/adolescenziale, ha esaminato le schede di malattia per asma raccolte dal 1990 al 2019 in 204 paesi e ha calcolato che quasi un milione di ragazzi tra i 15 e 19 anni ha perso un anno di vita di completo benessere a causa delle disabilità complesse legate all’asma 184. Nello specifico i sintomi depressivi sono prevalenti tra gli adolescenti con asma.

Tutta questa gran mole di dati supporta la necessità anche di strategie di assistenza sanitaria e psicologica agli adolescenti con malattie croniche come l’asma, anche per evitare che il disagio psicologico possa compromettere la capacità di attenzione, di memoria, di pianificazione, e un processo decisionale flessibile 186-189. Conoscere i determinanti specifici del disagio psicologico nel soggetto asmatico è quindi fondamentale per avere risultati ottimali nel trattamento degli adolescenti. La Tabella II elenca le caratteristiche psicosociali del benessere modificabili e passibili di essere obiettivi specifici di intervento proposte da Sharrad 190.

Una volta compresi i bisogni di ogni paziente si possono costruire programmi di trattamento personalizzato che li soddisfino attraverso un coinvolgimento attivo (sfruttando proprio il loro emergente desiderio di indipendenza), perché saranno i pazienti stessi che dovranno contribuire al monitoraggio e alla valutazione del proprio benessere. Migliore è la collaborazione con gli operatori sanitari migliore è la comprensione dell’asma, migliore è la compliance al trattamento. Per il clinico quindi una comunicazione efficace con il paziente e il mantenimento di una partnership produttiva sono risorse importanti. La comunicazione dovrebbe essere chiara e aperta, creare empatia e prevedere interviste motivazionali per condividere gli obiettivi terapeutici.

Purtroppo questi interventi sono ostacolati dal fatto che richiedono grandi risorse sia di tempo che di figure professionali dedicate, per cui si è pensato di ricorrere a piani d’azione a livello sociale e scolastico o comunque collettivo.

Respirare oltre i limiti: il piano di cure per l’adolescente con asma

Man mano che gli adolescenti passano da un’assistenza incentrata sul bambino a un’assistenza orientata agli adulti, il coordinamento e la pianificazione dei percorsi terapeutici deve tenere conto dei fattori che influenzano il controllo dell’asma nella prima, media e tarda adolescenza e cercare di intervenire quanto più è possibile in sintonia con gli operatori sanitari, la comunità e le scuole. Abbiamo esaminato tutta una serie di aspetti che caratterizzano l’adolescenza, ora dobbiamo utilizzare le informazioni per una più corretta gestione dell’asma.

La terapia, i farmaci, la modulazione in step up o step down, i dosaggi e le possibili opzioni non variano rispetto alla terapia dell’adulto e nelle linee guida GINA ci si riferisce alla terapia per adolescenti/adulti, il cui schema base è riportato in Figura 6.

Il vero problema a questa età è il riconoscimento dell’asma e del controllo dell’asma, la percezione della gravità e l’aderenza alla terapia, il tutto complicato dalle difficoltà del medico ad avere un rapporto sereno e aperto ma anche autorevole con i giovani adolescenti. Dunque che fare? Il problema è stato ben affrontato da Kaplan che ha proposto una serie di punti fermi per gestire l’approccio all’adolescente 191.

  1. Coinvolgere e ascoltare attraverso un approccio interattivo: nella visita ambulatoriale il medico dovrebbe utilizzare un repertorio di competenze nel tentativo di ottimizzare la propria comunicazione e fornire elementi di incoraggiamento al paziente; ogni incontro dovrebbe comportare significativi upgrade di conoscenze e di percezione sia della malattia che dell’assistenza da parte del paziente. Sappiamo bene che queste teorie si scontrano con due constatazioni: da un canto il medico non è preparato all’uso di tecniche o abilità comunicative, e in secondo luogo, all’interno delle strutture sanitarie – per lo meno pubbliche –, i medici hanno a disposizione un tempo molto limitato anche solo per la valutazione clinica e l’aspetto comunicativo/educativo è del tutto trascurato. Per quanto riguarda la formazione del medico al colloquio, Clark et al. hanno steso una lista delle dieci componenti che ritengono fondamentali per avere un colloquio produttivo ed efficace 192: 1) mostrare attenzione non verbale; 2) mostrare segni non verbali di incoraggiamento; 3) elogiare verbalmente gli atteggiamenti corretti; 4) mantenere una conversazione interattiva; 5) indagare ansie e preoccupazioni; 6) fornire informazioni specifiche e rassicuranti; 7) adattare il programma terapeutico (farmaci, posologia, timing) alla routine della famiglia; 8) raggiungere un accordo su un obiettivo a breve termine; 9) prevedere un appuntamento per rivedere il piano terapeutico a lungo termine; 10) aiutare il paziente a utilizzare i criteri codificati (e a percepire i segnali di malattia) per prendere decisioni in merito alla gestione dell’asma. Peraltro gli autori segnalano che i medici che hanno partecipato alla formazione continua volta a migliorare la loro capacità di comunicazione non trascorrevano più tempo con i loro pazienti rispetto ai medici non formati ma avevano incontrato più soddisfazione tra i pazienti ottimizzando i risultati. A lungo termine l’intervento si è tradotto anche in un più appropriato comportamento medico da un canto e un migliore uso dell’assistenza sanitaria da parte dei pazienti 193.
  2. Esplorare obiettivi, paure e barriere poste dal paziente: in altre parole conoscere le paure e i pregiudizi di quell'adolescente, valutare le sue convinzioni per identificare con lui – o con la famiglia – gli obiettivi a breve e lungo termine e iniziare quindi una preparazione del paziente che aumenti la sua percezione della malattia e lo porti a un certo grado di autonomia gestionale consapevole dell’asma. Il coinvolgimento dei membri della famiglia è auspicabile perché potrebbero essere fondamentali nel sostegno e nella sorveglianza discreta del paziente. Non è in effetti raro che vi siano discrepanze anche notevoli tra la gravità percepita dei sintomi e la valutazione clinica, sia come sovrastima che come sottostima. Ad esempio, quando vengono riportati sintomi “gravi” da un adolescente, ma le valutazioni obiettive per la diagnosi di asma e la risposta al trattamento non sono coerenti, dovrebbero essere inquadrati come manifestazioni psicosomatiche negli adolescenti 194. In questi casi è utile indagare con il ragazzo –meglio anche con la famiglia – se “percepisce”, “sospetta” che la malattia cronica gli crei problemi nell'integrazione psicosociale e, se sì, deve essere esplicitato che questa difficoltà li porta a dare una errata valutazione dei sintomi. Alternativamente va sondato se in famiglia c’è una eccessiva attenzione ai sintomi o eccessiva ansia e ingiustificato stress per la sola condizione di asma. In un recente rapporto del ControL’Asma project, uno studio italiano sul controllo dell’asma nei bambini/adolescenti promosso dalla Società di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), è emerso che quasi il 50% dei bambini e degli adolescenti percepisce come gravi i sintomi di asma, percentuali molto inferiori rispetto a quelle riportate dal progetto mondiale GINA 4. Ma è altrettanto se non più frequente che l’adolescente sottostimi la gravità dei suoi sintomi di asma. Alcuni adolescenti calibrano inconsapevolmente o meno la propria attività in base ai sintomi (coping), altri ci convivono o usano farmaci al bisogno senza un programma preciso oppure più semplicemente li ignorano 194. Questo colloquio dovrebbe essere sereno e tranquillo, soprattutto mai giudicante, ponendo domande aperte o chiarimenti specifici in modo neutro ed empatico.
  3. Garantire riservatezza e privacy. La comunicazione con il paziente e il mantenimento di una partnership produttiva sono fondamentali se si vuole raggiungere l’obiettivo e sta al medico decidere se può condurre un colloquio chiaro e aperto medico-paziente-famiglia o se è preferibile escludere i familiari per instaurare un'atmosfera più empatica e confidenziale che porti – questo rimane l’obiettivo cardine – al raggiungimento di obiettivi decisionali/terapeutici condivisi. La riservatezza – l’obbligo di un operatore sanitario di non divulgare a nessuno le informazioni ottenute nell’ambito di un rapporto confidenziale senza il permesso del paziente – è uno dei più antichi principi etici in ambito sanitario 195. Tuttavia, la riservatezza nell’assistenza sanitaria agli adolescenti non è sempre rispettata dai medici ed è ancora argomento controverso, anche se uno studio datato (1982) ma che ha fatto scuola ha ampiamente dimostrato che la maggior parte degli adolescenti raggiunge la fase operativa dello sviluppo cognitivo entro la metà dell’adolescenza, concludendo che la capacità decisionale degli adolescenti è molto simile a quella degli adulti 196. Tuttavia, dati più recenti di studi di psicologia e neuroscienze suggeriscono che le competenze sociali ed emotive degli adolescenti (come il controllo degli impulsi e la capacità di valutare le conseguenze a lungo termine) si stanno ancora sviluppando e che quindi la capacità di giudizio non è ancora matura, rendendo gli adolescenti suscettibili a comportamenti a rischio 197. Su questa base, alcuni sostengono che l'immaturità degli adolescenti impedisca loro di prendere decisioni sanitarie adeguate e che l’autorità decisionale dovrebbe essere ricondotta ai genitori, oltre che accettare o meno la riservatezza nelle questioni sanitarie degli adolescenti dovrebbe dipendere dalla valutazione dei medici della maturità adolescenziale 197,198. Tutto ciò comunque si scontra con i dati di realtà: tutti siamo consapevoli che gli adolescenti rinuncerebbero all’assistenza sanitaria quando la riservatezza non fosse garantita, il che implica che la riservatezza è un fattore chiave per avere fiducia e collaborazione per realizzare piani sanitari.
  4. Normalizzare e integrare il trattamento nella routine di vita, riducendone al minimo l’impatto sui compiti evolutivi dell’adolescenza e sulla qualità della vita. Nella vita personale e sociale dei giovani l’asma ha gravi implicazioni e anche se ovviamente non è l’asma in sé a plasmare la personalità di un adolescente, lo stigma sociale può però influenzarne lo sviluppo 199. La paura del giudizio sociale legata all’uso degli inalatori in pubblico ad esempio può comportare di ridurre o addirittura evitare l’assunzione dei farmaci, con grave rischio di riacutizzazioni. Uno studio qualitativo condotto da Cole et al. ha riportato un’alta prevalenza di stigma tra gli adolescenti e i giovani adulti; gli intervistati hanno confessato la frustrazione per essere stati “esclusi dalle attività di squadra, dal calcio e cose del genere” e l’aspirazione a “essere solo come gli altri e non doversi fermare e mettersi quel coso in bocca” 200. Alcuni pazienti consideravano l’asma un’esperienza imbarazzante e consideravano gli inalatori come qualcosa da “nascondere in una borsa”. Le restrizioni della vita quotidiana incontrate dai giovani adulti includevano inoltre difficoltà nel ballare, imbarazzo nell’uso di un broncodilatatore durante i rapporti sessuali, incapacità di stare da amici se dimenticavano di portare con sé il broncodilatatore ed evitare di indossare abiti attillati e alla moda che potrebbero limitare il respiro 200. Tutti questi problemi possono essere superati nella misura in cui il paziente abbia la certezza che seguendo un buon piano d’azione e la terapia prescritta potrà veder migliorare la propria asma. L’obiettivo può essere raggiunto innanzitutto con l'identificazione precisa del tipo di asma e dei fattori scatenanti – che permetterà di applicare la terapia più idonea, anche nei casi più difficili – e a seguire l’educazione alla malattia, e all'autogestione basata su linee guida e piani terapeutici possibilmente scritti, eventualmente con monitoraggio medico continuo (ora possibile con i presidi della telemedicina e con le app su dispositivi mobili) con appuntamenti periodici di revisione e rivalutazione globale 201,202.
  5. Educare all’uso dei farmaci, tecnica di inalazione, effetti collaterali e spiegare la necessità di un piano di gestione dell’asma con un processo decisionale condiviso. Da tempo ormai siamo consapevoli che molti pazienti con asma usano gli inalatori in modo errato, il che può portare a un controllo dell’asma non ottimale e un aumento del rischio di esacerbazioni per cui in tutte le linee guida è precisato che deve essere ben spiegato e verificato che il paziente abbia ben compreso. Roche et al. hanno condotto una revisione sistematica degli studi più recenti sia in real life che cross sectional e prospettica sulle tecniche inalatorie, i possibili errori e il loro impatto sull’asma 203. Nella maggioranza dei casi erano stati impiegati Accuhaler/Diskus e Turbuhaler, due degli inalatori di polvere secca più comunemente usati in tutto il mondo. Nonostante l’applicazione delle linee guida, è emerso che più del 50% dei pazienti adolescenti/adulti compie abitualmente almeno un errore o legato alla cattiva manutenzione del dispositivo o a errori nel posizionamento in bocca e nella respirazione: tutti fattori che possono interferire e abbassare sensibilmente la dose di farmaco realmente attiva. In analisi multivariata gli errori nella tecnica di inalazione si associano a un peggior decorso di asma, non controllato con aumento del numero delle recidive. Le conclusioni sono ovvie ed enfatizzano la necessità di programmi di training sull’uso corretto degli inalatori come parte integrante del raggiungimento di risultati ottimali nel management dell’asma 203. Questi programmi potrebbero ridurre fino al 12% i costi globali della terapia inalatoria nell’asma 204. Per migliorare la tecnica respiratoria si possono anche integrare nel piano terapeutico interventi complementari non farmacologici, ampiamente utilizzati in tutto il mondo. Due recenti revisioni Cochrane hanno rivisto il problema evidenziando che gli esercizi di respirazione sono ampiamente utilizzati in tutto il mondo sia in età pediatrica che in età adulta come terapia non farmacologica per il trattamento delle persone con asma a tutte le età 205,206. Gli esercizi di respirazione mirano a controllare i sintomi dell’asma e mirano a riassettare il modello respiratorio (metodo Papworth, la tecnica di respirazione Buteyko, la respirazione yogica, la respirazione diaframmatica profonda, ecc). L’allenamento della respirazione si focalizza sul volume corrente e coinvolge il rilassamento, la modifica del pattern respiratorio, la respirazione nasale, il trattenimento del respiro, l’espansione della gabbia toracica inferiore e la respirazione addominale in esercizi quotidiani, ripetibili a casa, una volta appresa la tecnica specifica 207,209. Anche intuitivamente è comprensibile come un buon controllo della respirazione possa solo essere benefico sulla salute polmonare, in analogia con quanto si vorrebbe ottenere con l’esercizio sportivo, il nuoto in particolare, che richiede un ottimo coordinamento respiratorio, e gli esercizi di respirazione, come gli esercizi respiratori sono ora consigliati come trattamento aggiuntivo nell’asma da lieve a moderato nelle linee guida GINA e della British Thoracic Society e in molte linee guida intercollegate 2,210. Non sono solo gli errori nella conduzione della terapia inalatoria a compromettere l’efficacia della gestione dell’asma ma come sappiamo essere vero soprattutto in età adolescenziale è molto critica anche l’aderenza alla terapia. La maggior parte dei giovani ammette di non aver sempre rispettato i regimi di cura per dimenticanza, convinzione che il farmaco sia inefficace, negazione di essere asmatici, difficoltà nell’uso di inalatori, disagio e paura degli effetti collaterali, imbarazzo e pigrizia 207. Sebbene i corticosteroidi per via inalatoria abbiano minimi effetti avversi sistemici, i pazienti esitano a usarli per lungo tempo per timore degli effetti avversi (in particolare l’aumento di peso!), la cosiddetta “corticofobia”. Informazioni fraintese, mal espresse, ingigantite sui social media o ritrovate su fonti o siti internet non scientifici possono rinforzare queste paure che “estendono e generalizzano” i pericoli reali legati all’uso degli steroidi per via sistemica agli steroidi per uso inalatorio o topico, in cui sappiamo bene che gli effetti collaterali sistemici sono – se non virtualmente nulli – certamente minimi. L’aderenza al trattamento deve quindi essere coltivata, mettendo in guardia i pazienti sulle cattive e false informazioni, indirizzandoli a consultare i siti scientificamente validi e fornendo in prima istanza tutte le informazioni corrette in modo limpido e trasparente ponendo enfasi sulla lunga e rodata esperienza che ci permette con sicurezza di affermare che in questo modo il decorso dell’asma, e quindi la qualità della vita, sono nettamente migliori 211,212.
  6. Considerare: esercizio, obesità, menarca e sintomi associati al ciclo mestruale e sonno. Abbiamo già ampiamente trattato l’importanza dell’esercizio fisico e del test da sforzo cardiopolmonare non solo per chiarire la diagnosi e calibrare la terapia, ma anche per decidere tipo, intensità e frequenza di attività sportiva da pianificare. Va tenuto presente che attività fisica, asma, obesità e influenze ormonali sono intimamente connesse con influenze reciproche e non è modificabile una sola componente senza coinvolgere tutte le altre. Quando l’obesità non dipende da una specifica patologia, va intercettata per tempo in modo da poterla far rientrare e prevenirne le recidive adottando stili di vita sani, ovvero una corretta ed equilibrata alimentazione e un’adeguata attività fisica; in questi casi l’asma non deve essere un fattore limitante a patto che sia stato impostato un adeguato piano di cura. Con un buon controllo dell’asma si possono evitare anche le recidive di asma nelle adolescenti femmine in fase preovulatoria o peri-mestruale; va previsto allora un diario dei sintomi per comprendere la ciclicità di scatenamento delle esacerbazioni e, se non si riescono a controllare, sarà opportuno monitorare i livelli ormonali e ricorrere a una consulenza specialistica. Un approfondimento a parte meritano i disturbi del sonno. Le indagini condotte sulle pratiche di igiene del sonno in campioni di adolescenti indicano che il 72% degli adolescenti usa i telefoni cellulari mentre cerca di addormentarsi, il 62% consuma caffeina durante la settimana, il 53% dorme anche nel pomeriggio durante la settimana e il 28% mostra una variabilità significativa nella durata del sonno tra la settimana e il fine settimana, tutti fattori che possono avere un impatto negativo sulla qualità del sonno 213,214. I dati di letteratura dimostrano anche una influenza reciproca tra disturbi del sonno e controllo dell’asma: il sonno disturbato peggiora gli outcome del management dell’asma e l’asma non controllato contribuisce a una cattiva qualità del sonno generando un circolo vizioso 213. Stimolare la descrizione delle esperienze legate al sonno degli adolescenti con l’asma e dei loro familiari, permette agli operatori sanitari una comprensione più approfondita delle prospettive e delle problematiche del paziente adolescente nell’affrontare la real life. I medici dovrebbero sempre indagare se ci sono disturbi del sonno e di che tipo, se ci sono difficoltà ad addormentarsi o frequenti risvegli, se l’ambiente è idoneo o vi è presenza di distrazioni (uso di device elettronici) o di fattori scatenanti notturni (allergeni ambientali, stress) o costituzionali (fattori ormonali, obesità, sinusite), e valutare la presenza di segni di affaticamento (sonnolenza diurna, calo dell’attenzione, della capacità di concentrazione e del rendimento scolastico) che possono rafforzare il circolo vizioso tra asma-disturbi del sonno 214. Dal momento che il sonno è un’abitudine modificabile, le pratiche di igiene del sonno devono essere quindi condivise e recepite dai giovani con asma che vanno indirizzati a impegnarsi in attività rilassanti prima di coricarsi, non guardare la TV o computer a letto, alzarsi e andare a letto sempre agli stessi orari nei giorni feriali e nei fine settimana, trovare strategie per evitare di rivivere emozioni intense o accadimenti del giorno precedente prima di coricarsi.
  7. Valutare l’impatto sulla scuola/istruzione e fattori sociali. Uno studente sano è uno studente pronto a imparare. Le scuole “asma friendly” sono quelle che si sforzano nel creare ambienti di apprendimento sicuri e di supporto per gli studenti con asma. Hanno politiche e procedure che consentono agli studenti di gestire con successo la loro patologia coinvolgendo l’intera comunità scolastica, dagli amministratori scolastici agli insegnanti e personale, nonché studenti e genitori. Diverse revisioni della letteratura dimostrano che la terapia dell’asma, quando supervisionata a scuola con un programma educativo completo e interattivo, migliora gli outcome nei ragazzi con asma persistente 215,216. I CDC hanno identificato sei strategie per affrontare l’asma all’interno di un programma coordinato di salute scolastica 217:
    • istituire sistemi di gestione e supporto per le scuole;
    • fornire adeguati servizi sanitari e di salute mentale per gli studenti con asma;
    • fornire programmi di educazione e sensibilizzazione sull’asma per studenti e personale scolastico;
    • fornire un ambiente scolastico sano e sicuro per ridurre i fattori scatenanti dell’asma;
    • fornire educazione fisica e opportunità di attività sicure e divertenti per gli studenti con asma;
    • coordinare gli sforzi della scuola, della famiglia e della comunità per gestire meglio i sintomi dell’asma e ridurre le assenze scolastiche tra gli studenti affetti da questa patologia. Come abbiamo già visto, gli adolescenti hanno spesso difficoltà ad adattarsi alle necessità imposte dalla malattia per la paura di sentirsi diversi e l’ansia sociale è la maggior responsabile della scarsa compliance ai regimi di trattamento. A questi problemi psicologici si possono sommare i determinanti sociali della salute (SDoH), definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come i “fattori non medici che influenzano i risultati sanitari”, ovvero le “condizioni in cui le persone nascono, crescono, lavorano, vivono e invecchiano, e in senso più ampio di forze e sistemi che modellano le condizioni della vita quotidiana”. Una forte evidenza supporta il ruolo chiave dei determinanti sociali che generano stratificazione e disuguaglianza, nello sviluppo e nella progressione dell’asma 218,219. I piani di intervento possibili tuttavia, sono veramente difficili da disegnare e sviluppare .
  8. Valutare se il paziente fuma o assume droghe. Valutare il comportamento del fumo, incluso il fumo passivo, e le sigarette elettroniche e indagare l’uso di sostanze d’abuso è fondamentale, ma è anche molto delicato, perché si presta quanto mai a risposte elusive o false per cui deve essere affrontato con molta delicatezza ma anche determinazione. Le tecniche per smettere di fumare che impiegano interviste motivazionali e tecniche cognitivo-comportamentali sono potenzialmente utili se adattate al livello di comprensione di un adolescente. Le 5A (Ask, Advise, Assess, Assist, Arrange) e 5R (Relevance, Risk, Rewards, Roadblocks, Repetition) della consulenza sono efficaci punti di riferimento per la gestione iniziale della dipendenza da sostanze negli adolescenti, ma i problemi relazionali sono tali da richiedere per lo più l’intervento di figure specialistiche di riferimento (Tab. III).
  9. Valutare il rischio di esacerbazione. L’asma scarsamente controllato è associato a limitazioni funzionali delle alte e delle basse vie respiratorie, ridotta resistenza e peggiore qualità della vita con sensibile incremento di rischio di esacerbazioni in un circolo vizioso: le esacerbazioni sono un indicatore del rischio di peggioramento clinico, che a sua volta aumenta il rischio di esacerbazioni. In un recente Rostrum pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, Szeller propone una serie di interventi già in infanzia utili a ridurre le esacerbazioni per prevenire le conseguenze a lungo termine dell’asma, trasformando il circolo vizioso in circolo virtuoso in grado di portare infine a modificare la storia naturale stessa dell’asma (controllo) 221. Raccomanda di:
    • valutare la funzione polmonare nel tempo attraverso la creazione di lung trajectories per individuare il rischio di ridotta crescita polmonare o declino funzionale;
    • applicare il Composite Asthma Severity Index (CASI), uno strumento multidimensionale validato per determinare la gravità dell’asma utilizzando 5 domini: 1) sintomi diurni e uso di salbutamolo; 2) sintomi notturni e uso di salbutamolo; 3) trattamento di controllo; 4) funzione polmonare; 5) esacerbazioni;
    • confermare questa valutazione valutando tutti i biomarker del paziente;
    • applicare anche il Seasonal Asthma Exacerbation Prediction Index (SAEPI), che valuta 8 variabili: 1) età; 2) predisposizione atopica (IgE totali e positività al test cutaneo allergenico); 3) percentuale di eosinofili nel sangue; 4) esacerbazioni nella stagione precedente; 5) stadio ICS; 6) FEV1/capacità vitale forzata (FVC) e FENO; 7) monitoraggio dell’aderenza; 8) revisione periodica del piano di gestione clinica.
  10. Garantire un’adeguata transizione verso l’assistenza dell’adulto. L’interesse per la transizione del paziente cronico dai centri pediatrici a quelli per l’adulto è stato affrontato per moltissime patologie croniche e molte linee guida segnano il percorso da seguire. Per quanto riguarda il giovane con asma, i problemi, per molti versi analoghi, sono stati acuiti dal fatto che in molte realtà (e questo vale in particolare per il nostro paese) i centri e le competenze allergologiche in età adulta sono scarse e faticano a garantire un’assistenza adeguata in età adulta, men che meno a dedicare risorse di tempo e persone al momento della transizione che richiede, come è intuibile, una pari disponibilità tra allergologo pediatra e allergologo dell’adulto.

Questi problemi sono adombrati da specifiche linee guida dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI) che riprendono punto per punto quanto finora elencato per una buona comunicazione con l’adolescente con l’unica variante che dovrebbe essere preparata dai pediatri e affrontata inizialmente insieme ai medici dell’adulto (specialisti e medici di medicina generale) 220. Laddove non vi fosse la disponibilità, è auspicabile uno scambio continuo tra i medici dell’adulto e i pediatri almeno all’inizio per assicurarsi che i giovani adulti siano a proprio agio con la transizione. Qualche difformità nelle opinioni è su quando dovrebbe avvenire la transizione. Per l’EAACI dovrebbe iniziare presto, almeno la preparazione, iniziando a 11 anni e completandosi a 13 anni, mentre le linee guida spagnole (START) non arrivano a identificare un’età per la totale mancanza di consensi sull’età ideale, che viene lasciata quindi alle decisioni dei singoli operatori. La durata del processo di transizione dovrebbe essere modulata caso per caso, ma mediamente è stata giudicata ottimale almeno a partire da 4-6 mesi o più.

In conclusione, la gestione dell’asma durante l’adolescenza va ben oltre le prescrizioni e gli inalatori. Implica il riconoscimento dei bisogni olistici dei giovani individui mentre navigano in questa fase di trasformazione della vita. Attraverso un’istruzione su misura, sforzi collaborativi e una guida empatica, gli operatori sanitari possono consentire agli adolescenti non solo di gestire l’asma, ma anche di affrontare con fiducia – e benessere – l’età adulta e di ridurre la loro probabilità di sviluppare patologie polmonari croniche irreversibili come la BPCO.

Figure e tabelle

Figura 1. Schema base della gestione dell'asma 2. The basic scheme of asthma management 2.

Figura 2. Traiettorie della funzione polmonare dall'infanzia all'età adulta in base ai più recenti dati della letteratura 9,14. Based on the latest data, lung function trajectories from childhood to adulthood 9,14.

Figura 3. Stadiazione dello sviluppo puberale secondo Tanner 233. Staging of pubertal development, according to Tanner 233.

Figura 4. Meccanismi che legano obesità e asma. Le tre componenti fondamentali meccanica e endocrino-metabolica confluiscono con la via infiammatoria creando una fitta rete di interazioni a circolo vizioso. Mechanisms that bind obesity and asthma. The three fundamental mechanical and endocrine-metabolic components converge with the inflammatory pathway, creating a dense network of vicious circle interactions.

Figura 5.

Figura 6. Trattamento dell’asma in adulti e adolescenti. L’alternativa con l’impiego di SABA e ICS non è consigliabile perché raccomandato solo in pazienti di cui si è assolutanebte certi della buona aderenza 2. Asthma treatment in adults and adolescents. The SABA and ICS alternative is not advisable because it is only recommended in patients who are certain of good adhesion 2.

INDICATORE 2000 2020 2030
Bambini sotto 5 anni in sovrappeso 5,4%, 33.3 milioni 5,7%, 38.9 milioni 5,9%, 40.1 milioni
2000 2016 2030
Bambini e adolescenti tra 5-19 anni con obesità 2,9%, 52.3 milioni 150 milioni 254 milioni
Tabella I. Stima e proiezioni della prevalenza di sovrappeso e obesità in bambini e adolescenti e numero di individui affetti (adattato da WHO 2023) 105. Estimate and projections of the prevalence of overweight and obesity in children and adolescents and the number of affected individuals (adapted from WHO 2023) 105.
DOMINIO COMPONENTI VULNERABILITÀ CORRELATE ALL’ASMA
Salute ambientale Fisica Allergeni e Irritanti
Sociale Disagio genitoriale
Economico-culturale Costi diretti del trattamento; costi indiretti finanziari dell’asma
Sviluppo competenze Identità sana Effetto della malattia sulla formazione dell’identità
Regolazione emotiva e comportamentale Regolazione comportamentale
Abilità interpersonali, Capacità di risoluzione dei problemi Problemi con la gestione dell’asma
Conflitto genitore-figlio legati ai farmaci
Problemi di responsabilità per farmaco
Senso di appartenenza Sentirsi connessi con la comunità Isolamento sociale dovuto ad asma-isolamento sociale percepito e isolamento fisico
Salute comportamentale Sonno Aumento della probabilità di sonno scarso
Nutrizione Bassa qualità di alimentazione
Esercizio Attività fisica associata all’insorgenza di asma e aumento sintomi di asma
Coping Strategie sane e malsane Più probabilità di utilizzo di strategie di coping malsano – alcol, fumo, suicidio
Coping malsano esacerba i sintomi
Resilienza Senso di innata resilienza
Trattamento della malattia Precoci ed efficaci trattamenti per l’asma e i problemi psicologici Sotto-diagnosi dell’asma
Aderenza al trattamento
Tabella II. Domini e componenti biopsicosociali della salute e del benessere modificabili e vulnerabilità legate all’asma (adattato da Sharrad et al., 2022) 190. Biopsychosocial domains and components of modifiable health and well-being and asthma-related vulnerabilities (adapted from Sharrad et al., 2022) 190.
A
ASK Informarsi e cercare di identificare i dipendenti dal tabacco
ADVISE Discutere i problemi di salute incoraggiando a smettere
ASSESS Testare la disponibilità a tentare di smettere
ASSIST Aiutare il paziente a organizzarsi un piano operativo per smettere di fumare
ARRANGE Organizzare un sistema di affiancamento -controllo e rinforzo- per il follow up
R
RELEVANCE Perché lo smettere è importante per se stessi
RISK Conseguenze negative del fumo/droga
REWARDS Benefici del liberarsi della dipendenza (fumo, droghe)
ROADBLOCKS Identificare gli ostacoli che si oppongono allo smettere
REPETITION Ripetere tutti questi concetti ad ogni incontro
Tabella III. Le 5 A e le 5 R fondamentali per una buona comunicazione. The 5 A and 5 R are fundamental for good communication.

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Authors

Francesco Macrì - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

Alessandra Gori - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

Anna Maria Zicari - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

Marzia Duse - Dipartimento Materno-Infantile e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma

How to Cite
Macrì, F., Gori, A., Zicari, A. M., & Duse, M. (2023). L’asma nell’adolescente: uno sguardo approfondito sull’impatto fisico ed emotivo. Italian Journal of Pediatric Allergy and Immunology, 37(3). https://doi.org/10.53151/2531-3916/2023-335
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