Malattia di Kawasaki: le difficoltà diagnostiche e l’importanza della terapia

Maria Cristina Pietrogrande, Rosa Maria Dellepiane, Lorena Beilis, Paola Pavesi, Micol Raimondi, Patrizia Salice*

Clinica Pediatrica II, Università di Milano; *U.O. Cardiologia, Servizio di Cardiologia Pediatrica Fondazione Ca’ Granda IRCCS Milano

La malattia di Kawasaki (MK) è una vasculite sistemica acuta, che interessa prevalentemente i vasi di medio calibro e che colpisce in modo caratteristico i bambini nei primi anni di vita. La diagnosi è basata esclusivamente su criteri clinici ed è spesso difficoltosa, sia per la somiglianza con altre malattie esantematiche dell’infanzia, sia per la possibilità che la malattia assuma, oltre alla forma classica, una forma incompleta o atipica. Le forme incomplete sono un problema particolarmente rilevante in bambini di età inferiore ad 1 anno, notoriamente più a rischio di sviluppare aneurismi coronarici. Nei casi incompleti o atipici la diagnosi viene spesso ritardata o addirittura posta solo dopo la comparsa delle complicanze coronariche, troppo tardi per una terapia efficace, che prevede l’impiego dell’associazione di immunoglobuline endovena (IVIG) ad alte dosi e di acido acetilsalicilico (ASA) per os a dosaggio antiinfiammatorio e successivamente antiaggregante. Circa il 16% dei 208 bambini della nostra casistica si sono presentati con una forma incompleta ed hanno presentato aneurismi coronarici nel 43% dei casi, rispetto al 22% delle forme classiche (p = 0,01). Il trattamento precoce (entro 10 giorni) con IVIG ha ridotto le complicanze cardiologiche dal 48% al 20,7%. Solo il 42% dei casi incompleti è stato trattato precocemente rispetto al 72% dei casi classici, a dimostrazione della difficoltà della diagnosi. Nessuno dei casi trattati precocemente ha avuto esiti permanenti all’ecocardiogramma. Molto utile è l’applicazione dell’algoritmo diagnostico proposto dalle linee guida nazionali e internazionali. Il ritardo infatti della diagnosi, e quindi dell’inizio della terapia, porta ad una maggiore incidenza e/o gravità delle complicanze coronariche.

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