Il fumo di tabacco e i primi 1000 giorni

Elvira Verduci, Salvatore Barberi, Benedetta Mariani, Marta Brambilla, Carlotta Lassandro, Giuseppe Banderali

Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze della Salute, Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano

L’abitudine al fumo di tabacco è ancora molto diffusa nella popolazione, anche femminile. Purtroppo molte donne fumano anche durante la gravidanza e l’allattamento, nonostante gli effetti negativi sul feto e le conseguenze a lungo termine sulla salute del bambino siano noti da tempo.

La gravidanza e l’allattamento rappresentano, infatti, periodi critici nella vita di un individuo, in cui gli organi e i sistemi del bambino sono particolarmente sensibili a stimoli o a insulti precoci, che sono così in grado di “programmare” lo sviluppo futuro dell’individuo e il suo stato di salute.

In questo delicato periodo della vita di un individuo l’esposizione al fumo di tabacco può rendere più suscettibile l’individuo al successivo sviluppo di malattie, sia nel breve che nel lungo termine. Ad esempio, i figli di madri fumatrici durante la gravidanza possono presentare un ritardo di crescita intrauterino e un basso peso alla nascita e, in età pediatrica, un maggiore rischio di “non-communicable diseases (NCDs)”, come obesità, ipertensione arteriosa, alterazioni del metabolismo glucidico. L’abitudine al fumo durante l’allattamento, inoltre, si associa anche ad un più elevato rischio di patologie respiratorie (ad esempio, asma e wheezing) in età scolare. Pericoloso è anche il fumo di “seconda e terza mano”, che può favorire la successiva iperreattività bronchiale.

È pertanto evidente che le madri dovrebbero essere fortemente incoraggiate a interrompere l’abitudine al fumo, soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento, proprio per i suoi possibili effetti avversi.

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